La schematizzazione grafica della frase latina con metodo valenziale

Tra le potenzialità più interessanti offerte dalla grammatica valenziale c’è sicuramente la schematizzazione grafica della frase, che offre un grande aiuto agli studenti per comprendere meglio il funzionamento della lingua latina e, a mio avviso, risulta utile anche all’insegnante per spiegare i processi logici della frase e i rapporti gerarchici al suo interno. Schematizzare in forma grafica enunciati più o meno complessi, sebbene all’inizio dell’apprendistato linguistico (in latino, ma lo stesso discorso vale nell’italiano) possa apparire noioso, per la tentazione magari di liquidare con una traduzione “all’impronta” esempi quali Magistra discipulas laudat, in realtà, man mano che la sintassi si arricchisce e si complica, si configura come un metodo per “sbrogliare” la matassa della frase e per dare “logica” a una qualsiasi lingua straniera, specie se flessiva.

Il docente che desidera usare il metodo valenziale nel latino si trova però di fronte a una prima problematica: come schematizzare quella frase? Quale metodo grafico usare? Io stesso, nei tre anni di insegnamento del latino e dell’italiano con metodo valenziale, ho cambiato “in corso d’opera” gli strumenti in vista di una maggiore fruibilità degli stessi e, ovviamente, per le sopravvenute condizioni di didattica a distanza. La sostituzione di un metodo grafico con un altro non è sicuramente l’ideale, ma se l’insegnante motiva e fa ragionare (verbo chiave) la classe sulle scelte didattiche effettuate, credo possa essere addirittura arricchente. Nel Dossier dal titolo Qualche riflessione teorica e buone pratiche per l’insegnamento e dell’italiano e delle lingue classiche, numero di settembre 2017 di «Nuova Secondaria», rivista di innovazione pedagogica e didattica, la Prof.ssa Mazzacchera faceva un “bilancio” delle possibili rappresentazioni grafiche di frasi attraverso la presentazione dei modelli di Proverbio, Andreoni Fontecedro e Sabatini. Le mie considerazioni partono da quell’imprescindibile articolo, in cui si analizzava, tra le altre cose, anche l’applicazione del metodo valenziale alla lingua greca (si legga quindi il contributo dell’autrice citata, dal titolo Il modello valenziale e le lingue classiche, alle pp. 150-178, prestando attenzione, in particolare, alle pp. 160-167).

Nel 2018, fresco di un corso di perfezionamento universitario, nel proporre il metodo valenziale ai ragazzi di prima superiore, ho inizialmente optato per la trasposizione in latino della metodologia di Sabatini, con le famose ellissi concentriche. Le motivazioni alla base della mia scelta erano molto spicce: Sistema e testo era l’unico volume di grammatica valenziale che possedevo, e l’uso dei colori e dei sottoinsiemi mi sembrava molto intuitivo, specie per le connessioni con la matematica; infine non ero ancora a conoscenza delle criticità con frasi multiple. Come infatti accade in ambito scolastico, specie quando si vuole introdurre un nuovo metodo o un approccio diverso a un autore, il primo tentativo è sempre una “messa in gioco” che non si sa realmente a cosa porti. Ho scoperto però, già nel II quadrimestre dell’a.s. 2018-2019, che se tale schematizzazione grafica può funzionare per frasi semplici, con pochi circostanti ed espansioni, va subito in crisi con quelle composte da due verbi, per non parlare di quelle complesse. Il vantaggio indiscutibile di questo metodo però è, a mio avviso, il posizionamento di quelli che Tesnière chiama attanti: il verbo, attore principale della frase, è sempre al centro, in rosso, l’argomento 1 soggetto è alla sinistra del verbo, mentre le altre valenze obbligatorie, siano esse oggetti diretti e indiretti, sulla destra; questa disposizione, a mio avviso, aiuta molto gli studenti nelle prime fasi di approccio alla lingua classica e li spinge a comprendere la centralità del verbo. Inoltre l’uso delle tre ellissi concentriche, la prima comprendente gli elementi nucleari, la seconda i circostanti e la terza le espansioni, offre una visione completa della frase con il suo “nocciolo” di argomenti necessari e il “contorno” di ampliamenti (siano essi impletivi realizzati da nomi, avverbi o frasi).

Tornando però ai problemi posti dalla rappresentazione grafica con questo schema, si prenda la seguente frase di esempio: In villa sub vesperum durus dominus longum librum servis legēbat. Si tratta di un enunciato che può essere affrontato nei primi mesi di latino ma, se si chiede in classe di rappresentarlo con uno schema valenziale sul modello di Sabatini, le capacità grafiche dello studente vengono subito messe alla prova (e anche quelle dell’insegnante che crea una slide o deve disegnare su tablet o su lavagna in ardesia…). Si perde, in effetti, più tempo nel disegnare uno schema graficamente “decente” che nella sua traduzione o nell’analisi lineare della frase. I problemi, poi, si moltiplicano se la lezione è condotta “a distanza”, come è accaduto da marzo 2020…

Schematizzazione con modello delle ellissi concentriche di Sabatini

Cercando testi usati su Amazon, un giorno, mi sono imbattuto in una edizione del 1984 del volume di Seitz-ProverbioSciolla-Toledo, Fare latino, edito dalla SEI, manuale valenziale in uso negli anni Ottanta con il quale Germano Proverbio, prete salesiano, introduceva la grammatica della dipendenza in Italia. Sfogliandolo ho subito trovato la soluzione al problema di frasi con più circostanti ed espansioni che, usando il metodo Sabatini, avrebbero occupato una mezza pagina di quaderno. Molto interessante, inoltre, per chi vuole apprendere da zero il metodo valenziale, è l’introduzione del manuale citato, nella quale il latinista piemontese definisce le tipologie di verbi (monovalenti, bivalenti, trivalenti, non contemplando la tipologia dei verbi con 4 argomenti) e individua le sei possibili combinazioni di verbo e “complementi” (soggetto, soggetto+oggetto al genitivo, soggetto+oggetto al dativo); in un altro paragrafo spiega cosa sono gli argomenti “liberi” che corrispondono alle “espansioni” di Sabatini e, negli esempi proposti, sono collegati al verbo da linea tratteggiata. Da ultimo, nel paragrafo dal titolo “Complementi di secondo livello” definisce i “circostanti” del nome e del sostantivo, ovvero attributi, apposizioni, collegati all’elemento di primo livello da linea continua. Insomma, in una decina di pagine si apprendono i “rudimenti” della verbo-valenza applicata al latino!

Com’è noto, Proverbio spiega poi la grammatica latina attraverso dei brani dall’Ab urbe condita di Tito Livio affiancati da una traduzione italiana: si tratta di una proposta “alta”, a mio avviso poco praticabile nella scuola del XXI secolo, ma il docente desideroso di “fare latino” con metodo valenziale potrà sicuramente applicare le indicazioni dell’autore alle frasi del manuale in adozione. Personalmente, ho deciso di seguire una modalità di rappresentazione che si discosta un po’ dal metodo di Seitz, sebbene ci si avvicini molto: nelle frasi che propongo come modello agli studenti, ho indicato con la linea tratteggiata gli elementi accessori, definibili come “non necessari” o “extranucleari”, mentre tutto ciò che serve alla frase per essere grammaticale è legato al verbo, testa di ponte, da una linea continua. Uno dei vantaggi della grammatica valenziale è, d’altra parte, l’applicazione delle stesse categorie dalla frase semplice a quella complessa e quindi gli argomenti necessari e le subordinate completive vengono indicati con linee continue, mentre circostanti, espansioni e subordinate attributive e circostanziali con la linea tratteggiata. La maggiore economicità di tale proposta è visibile nello schema grafico della frase sopra indicata.

Schematizzazione basata su modello Seitz-Proverbio

Cosa si perde rispetto allo schema proposto da Sabatini? Sicuramente non si evidenzia chiaramente la frase nucleare, che era racchiusa dal cerchio rosso in Sistema e testo, anche se un’analisi attenta dell’enunciato permette di recuperarla negli elementi collegati tra loro da linea continua (verbo + argomenti necessari). Il vantaggio indubbio consiste però nella maggiore velocità di esecuzione da parte di docente e studenti, nell’economicità e nella chiarezza. Ipotizzando di assegnare come esercizio da svolgere in classe, nel laboratorio di analisi e traduzione, o a casa, o in verifica, la schematizzazione di una semplice frase, questa può essere realizzata in un massimo di 4-5 minuti. Inoltre si possono creare, a partire da questa rappresentazione, altri esercizi di manipolazione linguistica: la trasformazione di un’espansione di tempo in una temporale, l’aggiunta dei circostanti al nome villa e via dicendo.

In seguito all’acquisto di Fare latino, ho avuto poi modo di consultare i due volumi di Ratio. Un metodo per il latino, l’unico manuale scolastico di latino, a quanto mi risulta, che applica il metodo della dipendenza in modo rigoroso alla lingua latina. Si tratta di una proposta piuttosto “di nicchia”, tanto che il testo è poco, se non per nulla, diffuso nella provincia bergamasca; inoltre, a mio avviso, è destinato a un liceo classico, dal momento che solo le 5h settimanali di quel corso di studi possono consentire di svolgere con agio le molteplici attività (tutt’altro che semplici) qui proposte. Poco spazio è concesso, a mio avviso, alla rappresentazione della frase, che si avvale di un “mix” tra il metodo Seitz-Proverbio e quello di Sabatini. Il verbo è collocato al centro, con il nominativo collegato a sinistra da una linea continua; altre valenze obbligatorie si dipartono sulla destra, collegate da linee anch’esse continue, mentre eventuali espansioni sono collocate in basso, su una riga inferiore, collegate da linea continua. Interessante è l’aggiunta del segno matematico + a indicare gli aggettivi che specificano un sostantivo, con il ruolo, quindi, di circostanti (si prendano ad esempio multis e insignem della frase sotto riportata).

Frase da L. Azzoni, B. Nanni, L. Montanari, G. Carbone, Ratio. Un metodo per il latino, vol. 1, Laterza, p. 199

Vediamo ora come rappresentare frasi complesse, ovvero con più di un verbo e composte da una principale, seguita da coordinate o subordinate dal momento che, a partire dal secondo quadrimestre del primo anno, nei brani di versione raramente si trovano frasi semplici, ma si iniziano a introdurre causali e temporali con l’indicativo e poi, una volta studiato il congiuntivo, finali e volitive. Il metodo delle ellissi concentriche, come noteremo, entra infatti subito in difficoltà con una subordinata circostanziale. Prendiamo la frase In silvā tener agnus parvi rivi limpidam aquam non  bibebat quia improbus lupus erat, che contiene una subordinata causale all’indicativo con quia. Se volessimo usare il metodo Sabatini, il nucleo andrebbe racchiuso entro la linea rossa, mentre circostanti (in azzurro) ed espansioni (in giallo) si collocherebbero al di fuori. L’uso dei colori dà un evidente vantaggio agli studenti con BES e aiuta a distinguere i circostanti, che specificano un nome o il verbo, dalle espansioni, ma la rappresentazione di questa frase porta via molto tempo ed è difficile da richiedere in occasione di verifiche (siano esse scritte od orali) o di lezioni online.

Una frase complessa schematizzata con le ellissi concentriche di Sabatini. La circostanziale è in giallo, come l’espansione “in silva”

Questa frase si rapppresenta, usando il metodo “Zenoni” (…) derivato da Seitz in questo modo:

Metodo “Zenoni” per le frasi complesse

Analogamente, usando la medesima convenzione delle linee tratteggiate e continue, se alla principale seguisse una coordinata, la frase Tener agnus parvi rivi limpidam aquam non  bibebat; nam improbus lupus in silva latebat si rappresenterebbe nel modo dell’immagine sottostante, con un collegamento orizzontale, tratteggiato, tra la principale e la coordinata.

Frase composta da principale e coordinata esplicativa

Nei miei schemi grafici ho quindi impostato, nel tempo, le seguenti convenzioni: la coordinata è collegata alla principale da linea tratteggiata orizzontale, la subordinata completiva da una riga obliqua continua, mentre la circostanziale da linea obliqua tratteggiata. Rimaneva la rappresentazione della subordinata attributiva: dal momento che svolge la medesima funzione, nella frase complessa, di un attributo, che la grammatica valenziale classifica tra i circostanti del nome, ho deciso di collegarla nei miei schemi all’elemento cui si riferisce da una riga verticale tratteggiata (in quanto elemento extranucleare e quindi eliminabile senza che la frase perda di significato). Si tratta ovviamente di convenzioni non scientifiche, basate sul “fare grammatica” in classe, ma che devo dire funzionano bene anche con frasi di una certa complessità e con le costruzioni implicite (mettendo il segno di insieme vuoto in mancanza di congiunzione subordinante).

L’obiettivo di questo articolo era approfondire la schematizzazione grafica, un aspetto non secondario nell’apprendimento del latino con metodo valenziale e che richiede molta più precisione rispetto all’insegnamento della grammatica in modo tradizionale, con la “tiritera” dei complementi; schematizzare frasi, però, oltre a essere un’operazione che allena la logica, consente di “vedere” anche i meccanismi di funzionamento delle stesse, le possibilità per renderle più ricche e implementare il loro contenuto. Si tratta, a mio avviso, di un metodo vincente non solo per una didattica rinnovata della lingua classica, ma per il numero sempre maggiore di studenti di origine straniera che la apprendono senza l’indispensabile background dell’italiano come madrelingua: una modalità più inclusiva, in vista di una riscoperta di una lingua spesso ingiustamente percepita come “elitaria” , ma che funziona come palestra di pensiero e di civiltà.

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