Qualche settimana fa, su Twitter, ho lanciato un sondaggio sul passo più “emozionante” della letteratura italiana; le risposte hanno spaziato dal finale dei Malavoglia, al celeberrimo episodio di Paolo e Francesca in Inferno V, ma si sono anche citati i Sepolcri di Foscolo, la “madre di Cecilia” nei Promessi sposi e la lirica di Montale Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale. Posto che, ovviamente, la soggettività in questi casi la fa da padrona, così le preferenze per un autore rispetto a un altro, credo che, se si esclude, per manifesta superiorità, la Commedia di Dante, non si possa dimenticare, in un itinerario sulle emozioni nella letteratura, il famoso passo del duello tra Tancredi e Clorinda, inserito all’interno del canto XII della Gerusalemme liberata di Tasso.
Si tratta di una delle “perle” che l’autore ci consegna in un’opera che, va detto, risulta piuttosto indigesta per gli studenti a causa del “parlar disgiunto” del Tasso, della lingua piena di inversioni e per una serie di riferimenti classici e cristiani che sono ormai lontani dall’orizzonte culturale ed esperienziale dei nostri alunni, specie di quelli che non frequentano un liceo classico; ritengo però che le grandi opere della letteratura italiana (parlo dei Promessi sposi, del Canzoniere, della Commedia, del Decameron solo per citare i più noti) possano essere ancora apprezzate se la mano sapiente dell’insegnante riesce a selezionare dei testi che siano ancora in grado di “parlare” e, in questo caso, “far emozionare” le nuove generazione attraverso i classici della letteratura italiana.
Qualcuno dirà: “i testi vanno letti nel modo più integrale possibile per comprenderli appieno”; credo però che l’adolescenza e, nello specifico, gli anni delle superiori, siano il periodo in cui l’approccio con la letteratura e con i classici necessitino più di altri di mediazione, per non farli cadere nell’oblio o, peggio, nell’odio. Pessimi insegnanti di italiano possono far “passare” come opere da dimenticare (magari dopo un’interrogazione) capolavori come, per citare qualche esempio, i sonetti di Foscolo o le novelle del Decameron; visto però che la scuola rappresenta, ormai, l’unico momento di contatto con espressioni culturali alte, bisogna essere consapevoli dell’importanza del nostro compito. Il docente, in un’epoca di frammentazione del sapere, in cui tutto sembra essere demandato all’enciclopedia “Google” e a “Wikipedia”, ha quindi un ruolo ancora più fondamentale: deve sapere “tenere le fila” del percorso linguistico e letterario, selezionare opere e testi in relazione al contesto della classe, alle sue esigenze, cercando di non sconfinare troppo nel tecnicismo, per lasciare, specie nella lettura e analisi dei testi, spazio alla classe come comunità ermeneutica.
Si tratta di un atteggiamento per noi innaturale: tutti vorremmo indagare ogni piega dei testi, richiamare i riferimenti filosofici, scientifici alla loro base, scandagliare la metrica, le fonti, ragionare su parole chiave e, ove possibile, pure sulle varianti d’autore, ma credo che dopo 30 minuti di un lavoro simile il testo per gli studenti è morto e sfido chiunque a emozionarsi, a vedere nell’autore un individuo che ha sofferto come noi e nei personaggi dei nostri “contemporanei”. E’ una riflessione che rivolgo anche a me stesso, laureato in filologia e legato a un apprendistato sul testo letterario di tipo stilistico e strutturalista, approfondito soprattutto nel percorso di laurea magistrale e nel percorso di tirocinio abilitante.
Si è parlato quindi di emozioni: quale opera del programma di quarta è più adatta per attivare, nei tempi (sempre più ridotti) e nei modi che ci sono consentiti, una palestra delle emozioni sui testi letterari? La Liberata, se alla base c’è una padronanza dell’opera da parte dell’insegnante e non solo una riproduzione di contenuti libreschi, può, a mio avviso, davvero fornirci tanti spunti per un’educazione all’emozioni, se si intende per emozione, una «viva impressione, che può essere un’eccitazione positiva o un senso sgradevole di turbamento» (fonte: Treccani). Pensiamo anche ad altri personaggi tassiani, oltre a Clorinda e Tancredi: a Erminia, con la sua identità scissa, le palpitazioni per l’amato, la fuga tra i pastori, il desiderio di essere come Clorinda e la paura che la attanaglia (un lavoro sulle emozioni può essere fatto sul famoso passo della fuga tra i pastori contenuto nel canto VII); ad Armida, divisa tra seduttrice, maga ed eroina abbandonata, sul modello della Didone virgiliana; infine a Solimano, conscio della precarietà dell’esistenza e del suo destino di sconfitto.

Ma passiamo ora al passo considerato, di cui, per un uso didattico è bene selezionare con attenzione le ottave per non scoraggiare gli studenti di fronte a un numero ingestibile di versi e per proporre anche una lettura aumentata con la proiezione di quadri (di Tintoretto, Dubois, Baruffaldi, per esempio) e l’ascolto del madrigale di Monteverdi; una ragionevole proposta include le ottave dalle 64 alle 70, in cui arriva al culmine l’azione narrativa, che dovrà essere introdotta, per una comprensione più chiara, dal docente in un momento preliminare (8-10 minuti di contestualizzazione dell’episodio).
Consiglio sempre di leggere una prima volta il passo senza interruzioni né commenti: la lettura ad alta voce di una guida esperta è fondamentale per capire il tono lirico del passo, per immergersi nel “notturno tassiano” e comprendere il patetismo dell’episodio. Solo in un secondo momento si possono far focalizzare gli studenti su alcuni snodi significativi, non solo a livello tematico, ma anche stilistico: la fusione nel passo di amore e morte, con i riferimenti al duello connotato eroticamente (si vedano termini come sen, mammelle e i tre abbracci dell’ottava 57); la voce del narratore che descrive le emozioni dei personaggi e consegna le loro gesta all’immortalità tramite la letteratura; l’uso del sostantivo amico rivolto da Clorinda a Tancredi e la sua valenza cristiana; i colori della donna e l’utilizzo da parte di Tasso, in questo episodio, di stilemi di derivazione stilnovistica; l’uso delle interiezioni e delle esclamazioni lungo tutto il passo. Questi elementi sono necessari, linee di analisi, che possono, anzi dovrebbero essere percorse con la collaborazione dei ragazzi, per comprendere in modo non ingenuo il passo, né far scaturire un’interpretazione che si risolva nel “sì, è un bel passo”, “sì profe, mi è piaciuto”. Da studenti di classi quarta, infatti, ci si deve aspettare una riflessione e riappropriazione ben più profonda.

L’episodio è incentrato, com’è noto, sull’amore e la morte, sul dolore che colpisce Tancredi tanto che, nel finale, il narratore scrive: «Già simile a l’estinto il vivo langue / al colore, al silenzio, a gli atti, al sangue» a sottolineare come, tra i due, il vero morto è il cavaliere crociato, mentre la donna, col battesimo, ha già ricevuto una “vita nuova”; ma la domanda è la seguente: come ha parlato di morte attraverso il filtro della letteratura? Siamo in un contesto cavalleresco, ma si è consumato un delitto atroce, proprio perché l’assassino è inconsapevole di chi ha davanti. Quali emozioni ha provocato in noi la lettura di queste ottave? Quali immagini sono rimaste impresse nel nostro cuore?
Una proposta interessante è leggere il passo con la proiezione alla LIM delle emozioni secondo la classificazione che ne ha fatto David Goleman nel suo volume Intelligenza emotiva, cercando di rilevare come, nell’episodio di Ger. lib. XII, esse si dispongano dapprima nella colonna della collera («Arse di sdegno», ottava 61), che accomuna i due combattenti e, dopo il colpo fatale che Tancredi ha assestato all’amata, divergano con nettezza: l’amazzone, conquistando in prossimità della morte la pace e la sua vera natura, si caratterizza per emozioni che si possono identificare nel sollievo, nella gioia, nella beatitudine, mentre Tancredi, dopo lo shock certificato dai versi «Ahi vista! Ahi conoscenza», si assesta su nella colonna della tristezza, arrivando a una malinconia, disperazione e abbattimento che sconfineranno nella patologia. Come operare? Molto semplicemente facendo catalogare ai ragazzi, a coppie, o in piccoli gruppi, aggettivi, sostantivi, verbi riconducibili alle emozioni e riferibili ai due combattenti. Le acquisizioni sono molto interessanti, specie se si riflette sul fatto che questo episodio è collocato in un poema eroico incentrato sulla guerra.

Tasso parla di emozioni molto forti, che esplicita direttamente (sdegno, godimento, ira, gioia), ma che sarebbe interessante attualizzare con il gruppo classe, proprio per la distanza temporale che ci separa dal periodo della Controriforma: come definireste ora, con le vostre parole, le emozioni che prova Clorinda? E Tancredi? Come si può definire la sua reazione alla vista dell’amata sotto l’elmo del nemico? Giova sicuramente alla comprensione del passo la visione su Youtube del Combattimento di Tancredi e Clorinda di Monteverdi: la musica e le voci del soprano e dei due tenori sono anch’esse parte di un’esperienza emozionale che toccherà le corde del cuore della classe, così come le immagini del combattimento tra i due attori.
Intraprendere una lettura dei classici dei capolavori della letteratura italiana incentrata sulle emozioni, come si è dimostrato in questo articolo, può essere un’operazione vincente, specie nelle classi apparentemente “apatiche” o che si dimostrano spesso annoiate durante le lezioni; ovviamente l’operazione si può ripetere con altri classici, come, mi viene in mente, la Vita nova di Dante, il Canzoniere di Petrarca, ma anche alcuni passi della Vita di Alfieri e le Ultime lettere di Jacopo Ortis possono dare risultati interessanti e probanti, anche per l’impossibilità di reperire nella rete queste informazioni, che vanno, fortunatamente, ricercate nel passo proposto e nella propria interiorità. Tutto sta nel provare, a mio avviso, di “fare un passo indietro” come insegnanti e mettere in primo piano i veri protagonisti dell’azione didattica: il testo e gli studenti.
Bella proposta, si vede che questo autore ti sta a cuore insieme a Parini. Nell’elenco iniziale io invece inserirei un testo di Leopardi (Il Dialogo della Natura e di un Islandese?), sai che sono di parte…
L’idea di classe intesa come “comunità ermeneutica” e il tema del ludendo docere mi trova concorde, specie se parliamo del triennio: le lezioni frontali vanno bene ma a piccole dosi. Venendo al passo della Liberata, non posso che farti i complimenti, c’è letteratura, arte e musica, e si arriva a Goleman! Penso sia una dei vertici del poema tassiano, stilisticamente perfetto e con una miriade di interpretazioni possibili, su più livelli. Anche un confronto con la Conquistata potrebbe essere utile.
Anche per Ariosto si pone lo stesso problema didattico, ma si risolve in ugual modo a mio vedere.
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Ottima scelta, la Gerusalemme è un capolavoro meraviglioso, tra Tasso e Ariosto, visto che la sfida è ben più antica di quelle tra Coppi e Bartali o tra Beatles e Rolling Stones, io tifo per Tasso.
Personalmente leggo l’episodio del duello ai miei alunni di seconda o terza media, ma è difficile che ne colgano la bellezza, perché la lingua di Tasso è davvero impegnativa.
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Caro collega,
anch’io cerco di lavorare con questo approccio per rendere vivi i testi! Io non amo Tasso, ma il duello musicato da Monteverdi (che faccio immancabilmente sentire agli studenti) è pazzesco. Però Tasso di solito lo faccio velocemente, perché io parteggio per Ariosto, divertente, funambolico, piacevolmente narrativo. Ariosto poi si presta a un’analisi della lingua che è sfidante (i ragazzi vanno a cercare le rime ricche spezzate, come insegna Mengaldo), ma non totalizzante, perché prevale la curiosità di sapere che cosa succederà!
Per quanto riguarda il discorso sulla letteratura e le emozioni, penso a Petrarca, a qualche passo della Ginestra di Leopardi, ai sonetti di Foscolo, a Sbarbaro, a Ungaretti e Montale… E poi va be’, Dante, Inferno. Ovvio! Poi ci sono i contemporanei (ad esempio Cappello o Magrelli o la Rosselli che io preferisco a Zanzotto, Pasolini etc…). Come si fa a scegliere??
Un caro saluto,
Angela
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