Non sono un cultore dei Promessi sposi e non mi ritengo neppure un grande esperto di Manzoni e del suo romanzo; se dovessi ricercarne i motivi, dovrei risalire alla mia formazione da studente, prima liceale e poi universitario. Non ho ricordi vividi del mio primo approccio ai Promessi sposi in seconda superiore, nonostante l’insegnante fosse preparata, così come non ho mai approfondito la figura di Manzoni e la sua opera in università: l’Ottocento, nell’incastro dei corsi di Letteratura italiana da 5 cfu, non era contemplato nei programmi d’esame, così come, d’altra parte, non erano presenti nel mio ateneo studiosi di livello quali, per esempio, quelli che si trovano alla Cattolica di Milano e Brescia dove viene addirittura organizzata, annualmente, una “Scuola estiva di studi manzoniani”.
Così il “vero approccio” ai Promessi sposi è stato, ahimé, nell’autunno del 2010 quando, alla prima esperienza scolastica, mi è stata assegnata anche una cattedra di italiano e storia in seconda in un “Liceo della comunicazione” di un istituto paritario; la classe era, per usare un eufemismo, piuttosto vivace e l’orario non contribuiva alla spiegazione e all’approfondimento del romanzo: le ultime 3 ore del venerdì avrebbero, credo, stroncato le velleità di qualsiasi insegnante esperto, figuriamoci di un “novellino” come me. Come spesso accade, privo di qualsiasi formazione metodologica e pedagogica, ho cercato di “insegnare” i Promessi sposi come mi erano stati insegnanti dai miei docenti al liceo e, ovviamente, tale dinamica produce solitamente un insuccesso didattico. Le lezioni si risolvevano quindi, in un riassuntino della trama del capitolo, nella presentazione dei temi e nel tentativo di lettura teatralizzata in classe dei capitoli più significativi, tra risate, schiamazzi e ripetuti richiami per tenere un contegno più adeguato. Si andava piuttosto “a rilento” e ricordo di non essere nemmeno arrivato ad affrontare la “Notte dell’Innominato”, ma di aver introdotto il Bildungsroman di Renzo a Milano e aver letto velocemente il “sugo della storia”. D’altra parte, dedicando soltanto 1 o 2 ore al romanzo, il monte ore era ridotto per esplorare un’opera-mondo come i Promessi sposi, ma il “minestrone” dell’italiano al biennio richiedeva di far maturare altre competenze, tra cui l’analisi del testo poetico, la scrittura argomentativa e l’analisi della frase complessa…
Con il passare degli anni e vuoi per la possibilità di programmare d’estate le attività da svolgere, con la certezza delle classi che avrei avuto a settembre, ho deciso di lavorare su questo “punto debole”, spronato anche da una frase ricorrente della nostra insegnante del TFA: “Mi raccomando, dovete fare bene i Promessi sposi perché lì si può ragionare sulla narratologia, sulla focalizzazione, sulla scrittura, vi si apre un mondo“. Purtroppo non ho avuto occasione, anche lì per le ore ridotte, di esplorare questo mondo con lei, ma nell’estate successiva mi sono dedicato preliminarmente a una lettura integrale dell’opera e, in seconda battuta, alla lettura delle “Guide dell’insegnante” e dei “Quaderni di lavoro” consegnatemi negli anni passati dai rappresentanti delle case editrici. Spesso si sottovaluta l’importanza di questi strumenti, ma a mio avviso sono fondamentali, specie per chi si approccia per la prima volta all’insegnamento di un autore o di un’opera. Due sono state per me fondamentali: la prima è quella allegata ai Promessi sposi della Hoepli con il commento di Dorotea Cotroneo e la seconda, dal significativo titolo Scrivere con Manzoni, a quelli curati da Angelo Jacomuzzi per la SEI Editrice.
Si tratta, tuttavia, di due approcci diversi al testo manzoniano: la Cotroneo insiste molto sulla narratologia e, dopo una dettagliatissima spiegazione degli elementi necessaria per comprendere un testo narrativo, per ogni capitolo propone delle interessanti attività di scrittura (su vari livelli), facendo davvero sì che i Promessi sposi diventino una “palestra dell’italiano”; si prenda ad esempio, quella che si presenta dopo la lettura della “notte degli imbrogli”: “La parola che falsifica la realtà è un tema affrontato costantemente nel romanzo, ma è tema anche di grande attualità. Ricostruisci il pensiero di Manzoni sull’argomento e mettilo a confronto con la falsificazione operata spesso oggi dai mezzi d’informazione. Scrivi un articolo d’opinione sull’argomento”. La Cotroneo propone una varietà di tipologie testuali: si vai da testi espositivi vincolati, ad altri di taglio espositivo-argomentativo, passando per attualizzazioni, riscritture parodiche (financo fumetti!) ma, pur nelle richieste talvolta alte (la docente ha insegnato per decenni al Liceo Mascheroni di Bergamo), credo che le sue proposte di scrittura soddisfino due aspetti da tenere in considerazione quando si affronta un’opera ormai interamente fruibile online (e con fruibile intendo i riassunti e le analisi dei diversi capitoli): la spinta a una riappropriazione di un “monumento letterario” da parte delle nuove generazioni e il nesso tra letteratura e scrittura, che può davvero essere proficuo al biennio, dove le ore di italiano sono poche e gli argomenti da trattare spesso privi, a mio modesto avviso, di organicità.
Un’attività che ho sperimentato negli anni con un buon successo, anche con risvolti comici specie se letta in presenza davanti alla classe, è stata quella proposta per l’attualizzazione del banchetto del capitolo V: “Al banchetto di don Rodrigo i personaggi dibattono senza intendersi mai perché usano codici di riferimento diversi (il podestà il diritto romano, il conte Attilio il codice cavalleresco, fra Cristoforo la morale cattolica), mentre il padrone di casa non interviene mai se non come regista, quasi come il conduttore di un talk-show. Racconta perciò una scena proprio da talk-show, in cui personaggi dei nostri giorni discutono su problemi attuali: la fame nel mondo, le guerre, l’ecologia, l’economia o altri problemi a tua scelta. Fornisci tutte le indicazioni necessarie per immaginare la messinscena”. Come si può notare dallo spunto proposto dalla Cotroneo, il banchetto di don Rodrigo è modernissimo: gli invitati non si intendono tra di loro, parlano per luoghi comuni, c’è la presenza di scrocconi e arrivisti…insomma, sembra di guardare la televisione generalista nella fascia pomeridiana 14-19.
La guida dell’insegnante di Jacomuzzi-Longobardi invece, si basa sulla relazione “modello-laboratorio” per proporre, sulla base di passi manzoniani celeberi, scritture di tipo giornalistico, testi regolativi, insistendo molto anche sull’iconografia e l’analisi delle immagini, alcune tratte dalla quarantana, altre da dipinti coevi o successivi. Come sostiene spesso Corrado Bologna nei suoi webinar per Loescher, i Promessi sposi nella quarantana, con illustrazioni di Francesco Gonin, sono davvero la prima graphic novel della storia perché l’immagine è funzionale al testo, lo arricchisce e lo rende vivo. La proposta della SEI è, a mio avviso, più adatta per un indirizzo non liceale, perché si incentiva molto la scrittura creativa, rispetto alla quale molti colleghi di lettere dei licei spesso storcono il naso. Come attività del capitolo 21, si propone, per esempio, la scrittura di un’intervista a Lucia nel momento in cui viene liberata dal castellaccio dell’Innominato: “Sulla prima pagina della nostra «Gazzetta di Milano» riportiamo dunque l’intervista alla stessa Lucia che, una volta liberata, racconta questi primi drammatici momenti della sua prigionia: dall’arrivo della carrozza all’osteria della Malanotte al sopraggiungere dell’oscurità (rr. 1-238)”. In altri casi si suggerisce il completamento di fumetti, di cambiare il punto di vista (come nell’assalto alla canonica del capitolo VIII), oppure di immedesimarsi nel personaggio, come nell’attività del capitolo XVII: “Scrivi un tuo sogno di paura, un tuo incubo, reale o immaginato, mettendo in risalto gli elementi (oggetti, situazioni, persone, ecc.) che ricordi come più significativi. Poi, se ti sembra possibile, prova a commentarlo cercando di darne qualche spiegazione”.
Da questi paragrafi si potrà intuire il mio dissenso rispetto all’articolo uscito il 19 luglio sul «Corriere della Sera» a firma di Marco Ricucci, insegnante al Liceo Leonardo di Milano e alla Statale che ha intitolato il suo scritto Disastro Invalsi. «Basta con Manzoni. E’ tempo di una nuova didattica dell’italiano»; se da una parte concordo pienamente con l’autore sulla necessità di occuparsi «maggiormente della didattica della scrittura, corredata da un lavoro sul testo e per il testo», così come sul mettere in campo «una “politica” accorta di letture di romanzi guidata per i nostri alunni», è innegabile che collegare i risultati deludenti delle prove Invalsi al perdurante studio di Manzoni significa stabilire un rapporto di causa-effetto tra due elementi non collegati tra di loro.
La didattica della scrittura è fondamentale e, a mio avviso, non viene praticata non perché i docenti non siano in grado di promuoverla, ma solo poiché implica una mole di lavoro abnorme (questo è l’aggettivo corretto). Faccio un esempio tratto dalla mia esperienza di insegnante: assegno 2 testi nel I quadrimestre e 2/3 nel II come elaborato scritto in classe, cui si aggiungono altri 2 testi al periodo come esercitazione domestica; con una media di 25 alunni e 3 classi, mi trovo a correggere 675 produzioni scritte all’anno. Contando di dedicare alla correzione almeno 15 minuti, impiego 168 ore all’anno, ovvero, se correggo per 4h al pomeriggio, ho davanti 42 pomeriggi destinati alla correzione di elaborati. Non solo: i testi non sufficienti vengono solitamente riscritti e riconsegnati (la riscrittura, infatti, è più importante della scrittura), quindi si superano le 700 produzioni all’anno…
Concordo con Ricucci sul numero ridotto di ore, ma forse andrebbe a monte ricalibrato l’intero itinerario di apprendimento del quinquennio, perché finché nelle Indicazioni Nazionali si scrive che lo studente del biennio «leggerà i Promessi Sposi di Manzoni, quale opera che somma la qualità artistica, il contributo decisivo alla formazione dell’italiano moderno, l’esemplarità realizzativa della forma-romanzo, l’ampiezza e la varietà di temi e di prospettive sul mondo», da insegnante coscienzioso mi sento “obbligato” a mettere di fronte a uno studente del 2021 il capolavoro manzoniano e a far conoscere il romanzo che ha fondato l’italiano moderno, con i suoi temi che rimangono anche nell’Italia del XXI secolo (l’ingiustizia, la famiglia, la povertà e via dicendo).
Forse, è più opportuno, rispetto a sterili polemiche sotto l’ombrello, ragionare su delle “buone pratiche” (espressione molto di moda nel pedagoghese e di cui mi voglio avvalere pure io) sui e con i Promessi sposi, con proposte da condividere e che vadano a intercettare altre competenze, magari digitali o di argomentazione (Ricucci evidenzia proprio la difficoltà dei ragazzi di stendere un testo argomentativo e Luca Serianni batte molto sulla necessità di far loro imparare a distinguere fatti e opinioni), recuperando quel nesso letteratura-scrittura di cui si parlava sfogliando i volumetti della Cotroneo e Jacomuzzi. Personalmente non considero produttivo un lavoro di analisi sul testo e per il testo (riprendo la formula di Ricucci) sul modello Invalsi, con quesiti magari a risposta multipla o a completamento, specie se tale modello è applicato a testi letterati polisemici come i Promessi sposi o i monumenti della letteratura nazionale e mondiale: mi piace di più vedere nel capolavoro manzoniano un “tesoro” da cui estrarre delle perle e su cui appoggiarsi per promuovere altre competenze.
Questo perché ha ancora senso leggere i Promessi sposi solo se alla lettura integrale e centrata sulla trama (impossibile, poi, in tempi di DaD) se ne sostituisce una “leggera”, che possa far emergere gli snodi più alti della prosa manzoniana: come privare gli studenti di passi come il dialogo tragicomico tra Renzo e Azzeccagarbugli, la notte degli imbrogli, quella dell’Innominato oppure lo strazio della madre di Cecilia? Si tratta di contenuti letterari che fondano la nostra tradizione, alla pari della Commedia, del Decameron o dell’Allegria di Ungaretti. Ma, nell’ottica delle competenze, non possono, anzi non devono rimanere lettera morta né confinati a una ricezione passiva: bisogna vedere nel testo manzoniano i germi della modernità, una voce che può ancora dire molto e quindi ragionare su una lettura anche per grandi temi, attualizzando il messaggio dello scrittore milanese.
E quindi via libera a produzioni di taglio argomentativo sulla giustizia, sulle diverse interpretazioni del finale o di un personaggio (magari di Don Abbbondio, affiancando un passo di Sciascia a uno di Pirandello), sulla condizione della donna, sulla percezione della folla in Manzoni e nella modernità. Anche le interviste ai personaggi promuovono delle competenze di scrittura interessanti perché presuppongono una preparazione sui soggetti da intervistare (bisogna leggere il capitolo con attenzione!), uno stile e un lessico più vicini agli adolescenti e magari meno limitanti, specie in indirizzi non liceali. I risultati sono anche, mediamente, migliori rispetto alle proposte di scrittura argomentativa e possono gratificare gli allievi, aspetto da non sottovalutare in ogni percorso didattico.
Sulle espansioni online si può aprire un mondo, che meriterebbe in futuro un ulteriore articolo: dalle infografiche di contrasto tra personaggi (si pensi all’uso di Canva o Genially applicato ai personaggi di Renzo e Don Rodrigo), ai fumetti con Storyboard That, passando per narrazioni multimediali di capitoli o centrati sulla parabola di un personaggio, oppure per itinerari con Google Earth alla ricerca dei luoghi manzoniani nella Lombardia…
Tutto ciò implica, tornando alla riflessione iniziale, la necessità di non insegnare Manzoni e i Promessi sposi come sono stati insegnati a noi anni fa; la riflessione di Ricucci, che ha tanti elementi di interesse, muove da un presupposto sbagliato, ovvero che nelle aule italiane si perpetui la tradizione del commento seguito dalla lettura (magari domestica!) di tutti i capitoli; forse davvero le “buone pratiche” potrebbero aiutarci per collaborare insieme, come professionisti dell’educazione, per non liquidare i Promessi sposi come un romanzo-mattone che occupa tanti pomeriggi dei nostri studenti, ma come un “tesoro” da custodire e che può essere, ancora, modernissimo.
Il testo di Manzoni è un’opera divisiva, c’è chi lo ama e chi lo odia, lo stesso Leopardi non lo apprezza troppo (forse per invidia). Il punto è che è l’unico grande romanzo italiano della prima metà dell’Ottocento e non si può evitare di considerarne la specificità, anche linguistica.
C’è chi fa leggere l’Odissea integralmente, non so cosa sia meglio. Nemmeno la Commedia si legge tutta nel triennio…
Ricordo di aver letto con costanza i Promessi Sposi quando frequentavo la seconda liceo (ho saltato solo i capitoli 31 e 32) e averne fatto un riassunto di una cinquantina di pagine. Mi attirava l’idea di avere a che fare con un testo noto praticamente a tutti i liceali di ieri e di oggi, un testo che nel bene o nel male dà un’immagine degli “italiani”.
Gli spunti delle guide alla lettura che citi sono preziosi, io aggiungo lo sceneggiato Rai di Salvatore Nocita e l’audiolibro di Paolo Poli. Io inizio a settembre e arrivo a maggio leggendo dei brani direttamente in classe, i ragazzi non si annoiano troppo. Si possono fare collegamenti dei più vari, ad esempio quello tra la vigna devastata di Renzo e il finale del Signore degli anelli con la contea distrutta da Saruman. Consiglio anche il capitoletto “La fabbrica dei luoghi comuni” contenuto in Renzo, Lucia e io di Marcello Fois.
"Mi piace"Piace a 2 people
Io usavo lo sceneggiato di Nocita (bellissimo!) per integrare le parti che non riuscivo a leggere. Pare impossibile ma negli ultimi anni non riesco a trovare il tempo nemmeno per quello. 😦
"Mi piace"Piace a 1 persona
Grazie Roberto e Marisa (rispondo a entrambi) per i suggerimenti, che mi segno, visto che, come ho scritto, non sono “esperto” di PS. La parafilmica è una strada da percorrere, ma se si è in DAD è un gran problema farlo in attività sincrona. Sul romanzo, io penso che “a piccole dosi” sia digeribile…integralmente, mi spiace, non più
"Mi piace"Piace a 1 persona
Io sono una sostenitrice della lettura e analisi de I Promessi Sposi, non più integrale, sono d’accordo con te, ma come palestra di italiano. Nella mia esperienza lavorare IN CLASSE su alcuni brani significativi diventa per gli studenti esemplare. Imparano strutture e schemi che poi possono fare loro per costruire testi
"Mi piace"Piace a 1 persona