“Fare” un autore al triennio

Tra le domande sicuramente da evitare, per la propria sanità mentale, in queste settimane di maggio ma, aggiungo io, in tutto il corso dell’anno c’è sicuramente quella che recita: «Tu dove sei arrivato in …?» seguito dall’indicazione della classe di riferimento. Ovviamente si tratta di uno degli argomenti quotidiani di conversazione, magari davanti alla macchinetta del caffè, tra colleghi di classi parallele, specie nel caso in cui si predispongano prove comuni, simulazioni per l’Esame di Stato o si lavori per unità di apprendimento parallele; tali confronti, ahimè, si rivelano però forieri di retro-pensieri, ma anche di spunti di riflessione su come ogni insegnante imposta la didattica quotidiana.

Le posizioni si polarizzano fondamentalmente nei colleghi-lumaca e nei colleghi-lepre, anche se credo che ci siano elementi di criticità tanto nell’una quanto nell’altra posizione e non si debbano stigmatizzare solo i colleghi del primo tipo. Negli scorsi mesi riflettevo della questione con una validissima collega di inglese, che ricordava i “bei tempi” in cui erano previste 4h al triennio del Liceo scientifico e lì, diceva, «Si poteva dire davvero di fare un autore, mentre ora, con due ore al triennio in un liceo linguistico, se si esclude la terza ora del madrelingua, molti autori vengono liquidati con la biografia e 1 o 2 testi». Come docenti di italiano, il monte-ore al triennio non ha subìto decurtazioni, eppure la sensazione, non solo mia, ma di molti, è di una fatica ulteriore a delineare un itinerario di apprendimento completo, con un certo agio e tempo per l’interiorizzazione, fondamentale se si parla di competenze letterarie.

Partirei dalle riflessioni presenti nel volume di R. Luperini, Insegnare la letteratura oggi (edito da Manni, Lecce nel 2013) che, nel capitolo che dà il titolo all’opera scrive: «Io credo che in tutto non sia possibile studiare, nei tre anni, più di quindici-sedici classici italiani e cinque-sei autori stranieri, al ritmo di circa cinque autori italiani per anno. Il primo anno dovrebbe concentrarsi su Dante, Boccaccio, Petrarca, Ariosto e Machiavelli; il secondo su Tasso, Goldoni, Foscolo, Manzoni e Leopardi; il terzo su Verga, Pirandello, Svevo, Montale, Calvino e uno a scelta tra Ungaretti e Saba. Ovviamente il docente potrà sostituire, se crede, alcuni di questi autori con altri restati fuori dall’elenco, siano essi italiani (come Guicciardini, Parini, Alfieri, Carducci, Pascoli, D’Annunzio, Gozzano, Gadda, Tozzi, Fenoglio) oppure stranieri, oppure integrarli con la lettura di opere di autori di altri paesi (il primo anno, per esempio, potrebbe aggiungere ai cinque italiani Chaucer e Rabelais; nel secondo Shakespeare o Cervantes, Goethe o Stendhal; nel terzo Baudelaire o Eliot, Dostoevskij o Kafka, e via esemplificando). Ovviamente la lettura di ognuno di questi classici potrà essere accompagnata – ma solo in modo sussidiario – dalla conoscenza di testi di autori minori» (R. Luperini, Insegnare la letteratura oggi, Manni, Lecce 2013, p. 59).

Romano Luperini, foto reperibile all’url https://catania.liveuniversity.it/2018/10/02/unict-luperini-romano-disum-insegnamento/

Insomma, Luperini scandisce un itinerario davvero essenziale, su cui però ho dei forti dubbi: anzitutto pensare, nel terzo anno, di affrontare, oltre all’Inferno (su cui stare almeno 6-8 settimane consecutive, come ho sostenuto in diversi articoli) due autori importanti come Ariosto e Machiavelli, presumibilmente nel II quadrimestre, con il carico di stanchezza nostro e degli studenti, è a mio avviso improponibile. Per esperienza personale, ho affrontato poche volte Ariosto o Machiavelli in terza e solo con classi particolarmente ridotte (ragioni di economia) o virtuose (assenza di recuperi e interrogazioni/prove del “si salvi chi può”). In secondo luogo il percorso del quarto anno mi pare troppo sbilanciato verso il Settecento e l’Ottocento: il Seicento, secolo di Marino e, soprattutto di Galilei (che, neppure citato tra i “sostituti”, è ridotto a “minore”) è completamente saltato; a mio avviso si tratta di una posizione incoerente con il manuale La scrittura e l’interpretazione dello stesso Luperini che definisce lo scrittore pisano il più grande dopo Dante e gli dedica un capitolo molto approfondito e ricco anche di bibliografia critica. La collocazione di Leopardi al quarto anno, infine, non è coerente con la normativa vigente dove è esplicitamente previsto, nelle Indicazioni Nazionali del 2010, all’inizio del quinto anno, visto che si scrive «In ragione delle risonanze novecentesche della sua opera e, insieme, della complessità della sua posizione nella letteratura europea del XIX secolo, Leopardi sarà studiato all’inizio dell’ultimo anno». Sul quinto anno ho seri dubbi sull’esclusione tanto di D’Annunzio quanto di Pascoli, così come il mancato cenno a Pier Paolo Pasolini, uno degli autori che appassiona maggiormente gli studenti per la fusione delle arti e le prese di posizioni forti sui grandi temi del dibattito nel secondo dopoguerra (aborto, rivolte studentesche e via dicendo).

Cosa possiamo salvare, però, dalla lezione di Luperini? Sicuramente il criterio dell’essenzialità e uno svolgimento dell’itinerario letterario, se non per temi (percorso difficile da attuare per la configurazione dei manuali del triennio essenzialmente come “storie della letteratura”) quanto per “grandi opere”, così come lo spunto ad approfondire i “pilastri” senza soffermarsi troppo su autori e opere minori. Tuttavia, da fruitore compulsivo (sì, lo ammetto) di webinar e corsi di formazioni sul Novecento, non vedere nemmeno un cenno a Primo Levi, Pasolini, Zanzotto, Natalia Ginzburg, Elsa Morante mi lascia parecchio amaro in bocca, ma mi conferma nell’opinione che se si “vuole fare un autore” come lo intendo io, bisogna soffermarsi per un numero congruo di ore e quindi nel secondo Novecento l’unico autore da approfondire possa essere, in ragione del suo essere un’ “enciclopedia sul mondo”, il solo Italo Calvino.

R. Luperini, Insegnare la letteratura oggi. Immagine reperibile all’url https://www.mannieditori.it/libro/insegnare-la-letteratura-oggi

E si ritorna quindi alla domanda iniziale: cosa vuol dire “fare un autore”? Partiamo dagli aridi numeri e cerchiamo un criterio che possa essere condivisibile. Il monte-ore annuale di lingua e letteratura italiana consta di 132 ore: se a queste se ne tolgono 12 (minimo sindacale) per le prove scritte e altre 16 per una prova orale a quadrimestre (ponendo il caso di avere una classe tipo da 24, con 3 studenti all’ora), si riducono già a 104; se si conta un’uscita didattica di una settimana o il PCTO (due settimane) scendono a 96, ma bisogna prevedere (al netto di malattie del docente) altre 10 ore tra scioperi, nevicate, attività integrative (teatro, cinema, giornate a tema, incontri di PCTO in aula) che vanno a ricadere nelle ore di italiano. Insomma, rimangono circa 90 ore per affrontare l’itinerario letterario, senza considerare eventuali attività laboratoriali che, molto formative e sfidanti, costringono a un rallentamento del percorso.

Lasciando perdere la classe terza, con le tre corone a cui spetta un monte-ore ovviamente superiore rispetto agli altri autori, proviamo, brevemente, a stilare la trattazione di un autore del canone luperiniano, come per esempio, Ugo Foscolo che, da buona lumachina, sto affrontando in queste settimane in quarta.

Ritratto di Ugo Foscolo (1813) di François-Xavier Fabre

L’introduzione all’autore si può fare in vari modi: lettura del sonetto autobiografico Solcata ho fronte, visione di un video (questo di Raicultura è davvero interessante e se ne possono stralciare spezzoni > https://www.raicultura.it/letteratura/articoli/2018/12/I-grandi-della-letteratura-italiana—Ugo-Foscolo-5dc628f9-d02e-411e-a7e7-f1b15378b28d.html) o lettura di una pagina particolarmente significativa dell‘Epistolario (sul manuale in adozione nella mia scuola c’è una lettera di Isabella Teotochi Albrizzi), ma ci vogliono fondamentalmente 2h per riuscire a delineare con chiarezza le coordinate culturali, storiche, biografiche dell’autore che si andrà a trattare. Un’altra ora (minimo sindacale) dovrà essere dedicata a quelle che Frare-Langella-Gresti in Amor mi mosse definiscono le “costanti letterarie” o “i grandi temi”: in poche parole il pensiero, la poetica dell’autore, i temi e motivi ricorrenti nella sua produzione. Poniamo ora il caso di voler analizzare di Foscolo le Poesie e le Ultime lettere di Jacopo Ortis eliminando del tutto la trattazione del carme Dei sepolcri, anche se questa scelta è dolorosa e sarà per alcuni non condivisibile. Per l’Ortis andrà prevista un’ora di presentazione, in cui si delineeranno le fasi di composizione, le tre edizioni, i temi, le fonti, la lingua e lo stile; per avere poi una chiara idea dell’opera non possono essere fatti meno di due-tre testi: a seconda delle scelte del manuale in adozione, si potranno proporre, a scelta l’Avvertenza a chi legge, il primo incontro con Teresa (parte I), la visita a Parini o la cosiddetta “Lettera da Ventimiglia”, in cui si descrive una natura tipicamente foscoliana, con risvolti politici legati alla storia e alla biografia. Il tempo calcolato per le letture dall’Ortis è quindi di 2-3 ore. Ma Foscolo è noto soprattutto per i suoi sonetti, inclusi nell’edizione del 1803, intitolata Poesie: dopo un’introduzione generale soft a stile e temi delle liriche, della durata di circa mezz’ora, si dovranno (imperativo d’obbligo) affrontare almeno le poesie Alla sera, A Zacinto e In morte del fratello Giovanni che, a mio avviso, fanno parte del bagaglio culturale di qualsiasi italiano, a prescindere dal corso di studi frequentato. Prevedendo un minimo di interiorizzazione e di interpretazione condivisa, nell’ottica luperiniana della classe come comunità ermeneutica, non si possono dedicare meno di 2 ore a queste letture. In vista poi dell’Esame di Stato, è fondamentale proporre qualche esercitazione tanto sulla tipologia A (un testo magari assegnato per casa, con correzione di un’ora) o di tipologia B o C, se il manuale in adozione propone delle attualizzazioni o pagine critiche/saggistiche sull’autore (un’altra ora). Insomma, siamo arrivati a 11 ore ma, ovviamente, si tratta di un percorso a “marce forzate”, che esclude dibattiti, lavori di gruppo, approfondimenti multimediali tipici della didattica per competenze. Ipotizziamo quindi di impiegare 12-13 ore per il nostro Ugo Foscolo, aggiungendo magari la visione di un video, oppure un’espansione multimediale (infografica per compito o dibattito critico).

I conti tornano e quindi, tenendo conto delle indicazioni di Luperini, si possono davvero fare 7 autori al massimo all’anno, se si affrontano in un certo modo, senza ridurli, quindi, a due nozioni biografiche, qualche parola sui temi e la poetica e la lettura (ripeto, lettura, non analisi) dei testi più celebri. Quindi, potrei ipotizzare la mia tabella per il triennio, spalmando la Commedia tra la terza (Inferno) e la quarta (Purgatorio e Paradiso):

AnnoClassici di riferimento
TerzoDante, Petrarca, Boccaccio, ev. Ariosto + Inferno (15 canti anche non integrali)
QuartoMachiavelli, Ariosto (se non fatto in terza), Tasso, Galilei, Goldoni, Parini o Alfieri, Foscolo e Manzoni (cenni, visto che si è trattato in seconda) + Purgatorio Paradiso (10-12 canti anche non integrali)
QuintoLeopardi, Verga, D’Annunzio o Pascoli, Svevo, Pirandello, Ungaretti o Saba, Montale, Pasolini o Calvino

Ma la trattazione non si può ridurre a una carrellata di autori: sono fondamentali le contestualizzazioni storico-culturali, le introduzioni sul genere, i collegamenti tra un movimento artistico letterario e l’altro…da includere, ovviamente, nelle 90 ore sopra evidenziate. Inoltre queste 90 dovranno prevedere dei laboratori di scrittura, in cui mettere alla prova gli studenti sulle nuove tipologie dell’Esame di Stato, in particolare la B e la C, che esulano, spesso, dalla competenza letteraria, per virare verso l’analisi di testi argomentativi e la produzione di elaborati di taglio espositivo-argomentativo a partire da testi d’appoggio.

Insomma, tutto questo ragionare e “far di conto” per concludere che sarebbe davvero necessario ricalibrare gli itinerari di apprendimento per far sì che il percorso letterario del triennio non si configuri come una “corsa contro il tempo”, senza la possibilità di concedere al docente e agli studenti un minimo di interiorizzazione dell’autore. Inoltre tutto lo sbilanciamento verso il secondo Novecento nelle proposte didattiche delle case editrici trova davvero poco senso in un percorso che esclude a priori, fatta forse eccezione per il terzo e quarto Montale, la letteratura del secondo dopoguerra, per ragioni pratiche e di monte-ore annuale della disciplina “lingua e letteratura italiana”.

Ma forse tutto il mio ragionamento parte da un presupposto sbagliato e il legislatore ritiene che “fare Montale”, per esempio, equivalga a tracciare le coordinate biografiche essenziali (1h), delinearne i grandi temi (1h) e leggere i testi più importanti e noti (3-4, quindi, tanto per intenderci…). In questo modo sì, con 5-6 ore dedicate a un autore, si potrebbero davvero “toccare” (verbo quanto mai azzeccato) tutti quelli che vengono delineati nelle Indicazioni Nazionali e arrivare al secondo Novecento in classe quinta.

Insomma, provocazioni a parte, ci sarebbe tanto da lavorare e riflettere, coinvolgendo nelle riforme anche gli insegnanti che vivono la scuola in prima linea e ne conoscono i problemi concreti. Ma su questo scollamento tra scuola-università, case editrici e ministero forse sarà opportuno parlarne in un altro articolo del blog…

4 pensieri riguardo ““Fare” un autore al triennio

  1. Lodo la tua precisione e onestà intellettuale, Matteo, fare il docente implica anche scendere a patti con il monte ore assegnato. Nel triennio a mio avviso non è necessario fare troppi autori ma quelli imprescindibili, dedicando loro il giusto tempo. Da questo punto di vista in terza è tutto più facile; di solito spiego anche Machiavelli e lascio Ariosto e Tasso in quarta. Anch’io non tralascio il Seicento (anche perché si possono fare collegamenti interessanti anche con storia della musica), ma poi mi ritrovo con colleghi che tolgono Parini!
    Molti anticipano Leopardi alla fine della quarta e lo riprendono a inizio quinta. Nell’ultimo anno salto a piè pari Carducci e anche Saba. L’opzione Calvino o Pasolini è una buona soluzione; anche Elsa Morante potrebbe rientrare nel novero degli autori importanti.
    Un possibile modo per guadagnare ore (visto che ormai le attività e i progetti non si contano più) potrebbe essere quello di ridurre al minimo le interrogazioni, ma non si può nemmeno non ascoltare mai i ragazzi…
    E comunque per “conoscere” un autore bisogna leggere integralmente almeno qualche suo testo, cosa che non si fa sempre nemmeno all’università. Al liceo bisogna trasmettere ai ragazzi un seme d’interessamento evitando la fallacia di completezza.
    La situazione è drammatica invece in letteratura latina sul liceo delle Scienze Umane, stendiamo un velo pietoso…

    ps il manuale di Romano Luperini resta inarrivabile per mole di testi antologizzati e parte critica.

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  2. Sì, anch’io a inizio anno scolastico faccio i conti della serva e alla fine, con serenità, scelgo di togliere piuttosto che “toccare” di sfuggita un autore o un’autrice di cui non resterà nulla. Mettere in fila tanti autori solo per segnarli nel programma mi ricorda una vacanza in crociera, che io detesto. Tocchi i porti, fai visite guidate standard, ma poi sovrapponi tutto nel rullino foto e nella memoria. Il nostro scopo non può essere la conoscenza de LA Letteratura italiana nel suo complesso; sarebbe bello che gli studenti uscissero da scuola con un’idea della nostra letteratura e della sua evoluzione nel tempo.

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    1. Carissima,
      è la stessa mia idea. Io punto a creare una sensibilità verso la letteratura italiana e verso i nostri autori. Come ricordava la nostra insegnante di lettere al biennio, ora scomparsa, dovevamo essere ansiosi di poter iniziare al triennio un “Grand Tour” accompagnati dagli autori che avevano fondato la nostra cultura.

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