Nel volumetto dal titolo Il rosso e il blu. Cuori ed errori nella scuola italiana, edito da Einaudi, Marco Lodoli, professore di italiano e storia in un istituto professionale romano, dedica uno dei brevi suoi capitoli al “caro libri” e alla scelta dei manuali da parte dei docenti; le parole ironiche ma taglienti dello scrittore-insegnante recitano così: «Ogni aprile piombano a scuola i rappresentanti delle varie case editrici per ipnotizzare gli insegnanti e convincerli che è arrivato il momento di cambiare il libro della loro materia. E i professori, che non decidono mai niente, che passano l’anno subendo programmi assurdi e riunioni dadaiste, vivono questi incontri come attimi di gloria: vengono vellicati, omaggiati, lisciati e inevitabilmente cadono nella trappola e cambiano il libro di testo adottato appena l’anno prima. La concorrenza è spietata, ogni anno si rovesciano sul mercato decine e decine di novità, tutte aggiornate, tutte in grado di aiutare l’insegnante a cavarsela alla grande coi nuovi programmi». (p. 26)

Marco Lodoli fotografa con un’ironia corrosiva il momento della scelta dei testi, immaginandolo in un contesto alquanto degradato di insegnanti inetti, frustrati, incapaci di insegnare con passione: la scelta dei libri di testo diventa quasi una riscossa nella capacità di decidere di una classe docente che ha perduto qualsiasi appeal. Pur apprezzando la godibilità del testo e del film che ne è stato tratto, fatico a identificarmi nel quadro che ha tracciato l’autore, forse perché mi sono sempre inserito in contesti scolastici con colleghi validi e, anche se a volte un po’ troppo tradizionali per i miei gusti, capaci di decidere anche i supporti allo studio con razionalità e buonsenso. Fatto sta che la scelta dei manuali risulta sempre un punto di grande criticità, in particolar modo per quanto riguarda la letteratura italiana del triennio, su cui mi soffermerò in questo articolo, perché ritengo di avere maggior competenze in materia.
Prima di tutto: ci sono dei criteri oggettivi per scegliere un libro di testo? A tal proposito ricordo ancora con piacere il laboratorio di Storia e Geografia del TFA I ciclo, che ho svolto nell’anno accademico 2012-2013: la bravissima docente che gestiva il corso ci diede una tabella con cui valutare un libro di testo e, nella scuola paritaria in cui insegnavo, provammo a condurre le riunioni di dipartimento di aprile per la scelta dei manuali basandoci su questi criteri. Per chi vuol curiosare, vi allego la tabella, su cui abbiamo lavorato durante il corso per giudicare diversi manuali di “geostoria” (mostro a due teste creato da Mariastella Gelmini); si trattava, all’atto pratico, di dare un voto da 1 a 5 (con sufficienza a 3) per i criteri individuati, tra i quali ricco apparato iconografico, sintesi di fine capitolo, documenti, esercizi, fonti, presenza di mappe concettuali e via dicendo. In linea teorica, il manuale presentato dai rappresentanti che avrebbe ottenuto il maggior numero di punti sarebbe stato adottato per il prossimo anno scolastico…

Per storia e geografia, ma anche per latino, la scelta del libro di testo è essenziale, dal momento che nel primo biennio i ragazzi devono essere guidati nel metodo di studio, nell‘organizzazione degli strumenti di lavoro e hanno necessità anche di sintesi e mappe concettuali dal momento che, sempre più spesso, arrivano dalla scuola secondaria di I grado con carenze anche nella gestione del materiale; in latino, poi, si pone il problema degli esercizi tramandati “di fratello/sorella in fratello/sorella” e quindi sarebbe opportuno cambiare ciclicamente il libro di testo, anche in considerazione del monte-ore della disciplina (e, per questi motivi, il mio dipartimento ha scelto l’agile Hodie, pensato proprio per il liceo linguistico).
Più complessa e coinvolgente è invece la scelta della letteratura italiana del triennio, dal momento che, a mio avviso, ci si porta dietro esperienze da studente (o insegnante) con dei manuali del “cuore” e si fatica spesso a vederne la spendibilità con le classi del XXI secolo, in un contesto, giova ripeterlo, che si è molto modificato con l’introduzione della Didattica Digitale Integrata. Non è mia intenzione dare indicazioni sul miglior libro di letteratura del triennio, quanto fare delle riflessioni su alcuni punti fermi che dovrebbero guidare la sua scelta ad aprile/maggio.
Quando penso a “manuale”, lo associo anzitutto a “punto di riferimento”: per me un buon libro di testo deve essere una sorta di bussola, in grado di aiutare gli studenti a orientarsi nei contenuti disciplinari, spesso ostici e complessi concettualmente; per questo motivo è essenziale farli familiarizzare col manuale di letteratura, soprattutto in classe, specialmente nei primi mesi della terza, leggendone anche con loro delle parti. Ho iniziato questa pratica da qualche anno, dopo aver notato che, nell’assegnare le pagine come studio domestico, gli studenti sottolineavano tutto e non sapevano selezionare le informazioni. Lo scorso anno avvicinare gli studenti al libro di testo nei mesi di settembre/ottobre è stato essenziale, perché durante la DaD è stato difficile avere sott’occhio il processo di apprendimento di ognuno. Inoltre, a mio avviso, avere un buon manuale consente di creare un percorso coerente e coeso e non disperdersi, “non perdere la bussola” in file caricati su piattaforma, fotocopie consegnate e immancabilmente perdute, link a volte mai aperti. Essenziale è assegnare le pagine di volta in volta e chiedere, prima della spiegazione, se i contenuti sono risultati chiari.
Quali caratteristiche deve quindi avere, all’atto pratico, un buon manuale di letteratura? Proverò brevemente a sintetizzarle nei paragrafi che seguono.
In primo luogo il lessico utilizzato e la prosa devono essere comprensibili anche a uno studente di 16 anni, senza indulgere nella sciatteria e semplificazione, ma neanche avvalendosi di termini lontani dalla loro esperienza e, quindi, incomprensibili. Ricordo ancora che, quando ho iniziato a insegnare nel 2010, nella mia scuola paritaria era in adozione l’edizione gialla del celeberrimo La scrittura e l’interpretazione, di Romano Luperini, Pietro Cataldi e Lidia Marchiani: alcuni paragrafi sfioravano l’incomprensibilità (per me, e figurarsi per loro), la sintassi era marcatamente ipotattica e il lessico di livello alto. Gli approfondimenti sul “Conflitto delle interpretazioni”, poi, erano più degni di un corso universitario in “Teoria della letteratura” che non di un manuale liceale. Negli ultimi anni la nostra scuola ha adottato la nuova edizione di Letteratura.it di Frare-Langella-Motta dal titolo Amor mi mosse e, sebbene si tratti di un libro raffinato, con un buon apparato iconografico e scientificamente ineccepibile, le parti di contesto generale, di introduzione all’autore e all’opera sono ancora marcatamente letterarie e bisognose di alcuni chiarimenti da parte del docente. Per questo motivo il linguaggio risulta un elemento, a mio avviso, di criticità di questo manuale.

In secondo luogo mi baso sul numero di testi antologizzati: questi, a mio avviso, devono essere quanto più numerosi, per dare al docente possibilità di scelta ed evitare che la scansione dell’itinerario letterario si risolva in una litania annuale, con i soliti passi da leggere e commentare. Avere molti testi consente anche di evitare la pratica, sempre più dilagante tra i colleghi di lettere, di condividerne in formato digitale su piattaforma o nella sezione “didattica” del Registro elettronico; sono un amante del digitale, ma dal mio punto di vista, a meno che non si abbia un classe dotata di tablet con libri online, soffermarsi troppo ad analizzare testi non presenti nel libro cartaceo è una pratica dispersiva. Un altro elemento sempre legato al secondo “punto fermo” per la scelta del manuale è il commento ai testi: deve essere adeguato, ma non troppo ridotto (come ho notato nell’Armellini-Colombo, edito da Zanichelli e dal titolo Letteratura letterature), né ipertrofico, da scoraggiare lo studente nella sua lettura; se infatti mi metto dall’altra parte della cattedra e vedo un sonetto di Petrarca con 3 pagine di commento, sarò tentato di non leggere il sonetto e soffermarmi invece a studiare il solo commento, perdendo la centralità del testo.
Un terzo criterio che adotto nella scelta dei libri è l‘apparato iconografico: i manuali non devono essere “troppo scritti”, ma lasciare spazio a trasposizioni iconografiche del testo, a immagini dell’autore o dei luoghi della sua biografia. Ricordo ancora che, nel 2014, quando cambiammo il “Luperini” (sacrilegio!), ci indirizzammo verso l’allora Rosa fresca novella di Bologna-Rocchi perché affascinati dal ricco corredo di immagini, che rendeva il testo piacevole alla lettura e accattivante, tanto per gli studenti quanto per noi insegnanti. Anche ora, Letteratura visione del mondo, a cui collabora anche Giuliano Rossi, si caratterizza per un connubio tra testo e immagini che ne fanno un manuale sicuramente di grande attrattiva. Negli stessi volumi sono presenti delle linee del tempo che intrecciano vita dell’autore, eventi letterari, storici e culturali, ma anche tabelle riassuntive, infografiche e mappe che ricapitolano i concetti fondamentali di un capitolo o di una sezione.

Dal mio punto di vista (e siamo al quarto criterio) è importante che ci sia anche un apparato di esercizi significativi: non soltanto analisi del testo o tracce di tipologia B o C sul modello dell’Esame di Stato riformato da Serianni, ma anche una batteria di domande alla fine di ogni testo antologizzato o a fine capitolo o su paragrafi significativi (contesto culturale, biografia dell’autore, macrotemi). In classe terza e quarta (molto meno in quinta, lo ammetto) questi esercizi funzionano molto bene per verificare l’acquisizione di conoscenze e abilità; le proposte di scrittura, poi, oltre a evitare l’acquisto di un volumetto apposito, consentono di lavorare su una competenza molto importante in vista delle prove scritte calendarizzate in corso d’anno. Risulta importante che gli esercizi a fine di ogni brano antologizzato non siano però stucchevoli (ho visto parecchi manuali, che non mi pare il caso di citare, che proponevano domande ridicole), né troppo numerosi, ma in giusta misura, per poter riflettere in modo adeguato sul testo.

Da ultimo, credo che non si possa dimenticare l’importanza, nel 2022, dell’espansione digitale: esercizi autocorrettivi, sintesi vocali dei capitoli, mappe concettuali, percorsi “ad alta velocità”, videolezioni degli autori che possono ricapitolare grandi temi. Un manuale il cui apparato digitale è molto ben strutturato è sicuramente quello di Tellini-Bruscagli, Il palazzo di Atlante: i power point riassuntivi colgono gli aspetti chiave di ogni capitolo, le videolezioni o audiolezioni degli autori sono ben fatte e si concentrano su temi-chiave, le mappe sono inclusive per alunni con BES, i testi più importanti sono ascoltabili dall’espansione digitale, risultando inclusivi non solo per l’allievo, ma anche per il docente che, magari, alla sesta ora, potrà far ascoltare sul libro online la canzone Donne ch’avete intelletto d’amore di Dante, senza leggerla con mascherina FFP2 e salivazione azzerata.

Tutto questo per dire che, ahimé, non esiste IL manuale perfetto, ma va adottato uno strumento che ci possa aiutare nell’insegnamento della lingua e letteratura italiana, che ci serva come supporto nelle attività quotidiane, risparmiandoci (è giusto dirlo) anche un po’ di lavoro visto che ormai siamo sommersi da incombenze burocratiche soffocanti che ben poco hanno a che fare con la didattica delle nostre discipline. Mi piace concludere con un ricordo di un professore, ormai in pensione, del Liceo Mascheroni di Bergamo, che ho incontrato nel 2013 quando svolgevo il tirocinio nel corso del TFA abilitante; durante una movimentata riunione di dipartimento per la scelta dei libri di testo, in cui si fronteggiavano sostenitori del Baldi ai partigiani di Luperini, se ne uscì con questa frase: «A me non interessa quale manuale mi capiterà, basta che ci siano gli autori imprescindibili e un buon numero di testi così da non impazzire a far fotocopie». Credo che, anche dopo 9 anni, sia un’affermazione assolutamente condivisile, pur in un contesto enormemente cambiato.
Io in tanti anni ho avuto la possibilità di scegliere solo un paio di testi. Alla fine concordo con il prof che hai citato: a me i manuali “capitano” e me li faccio piacere. Poi è anche vero che approfondisco e integro non più con le fotocopie, come si faceva a quel tempo, ma con file che creo io stessa e carico su Classroom. Un lavoro in più, certo, ma una volta fatto, posso riutilizzare i materiali anche apportando modifiche che rispondano alle esigenze della classe che ho di fronte. .
"Mi piace""Mi piace"
Molto interessante la griglia per valutare le nuove adozioni dei libri di testo, aggiungerei anche una voce dedicata all’eventuale CLIL di storia. Ho visto il film che hai citato (con il sempre notevole Roberto Herlitzka) e l’idea che mi sono fatto è che la procedura vada semplificata. Arrivano decine di volumi da visionare, i rappresentanti di zona sono petulanti e poi ci sono addirittura i cdc di maggio praticamente obbligatori per ratificare la nuova lista di manuali. Quest’anno da noi hanno attivato fortunatamente la funzione apposita sul registro elettronico, altrimenti restava il cartaceo ed era un delirio. La cosa più brutta è quando ti vengono a dire che è sempre il solito manuale a essere confermato (chi ha detto Baldi e altri?), oppure quando fanno di tutto per far adottare l’ultima uscita in commercio. Quest’anno forse adotteremo il manuale “Le carte della storia” di Lucio Caracciolo. Per latino usare il Flocchini sul liceo linguistico è una scelta azzardata, meglio Hodie. Non mi esprimo sull’antologia del biennio, c’è un mare magnum infinito. Ultima cosa: anche le classi con iPad devono comunque comprare il cartaceo per avere la versione digitale, non se ne esce, è un mercato strategico…
"Mi piace""Mi piace"