«Non cavare un ragno dal buco»: se dovessi definire la mia esperienza di docente di italiano con la seconda cantica della Commedia e descrivere i risultati ottenuti in questi 12 anni di insegnamento in termini di coinvolgimento delle classi nei confronti del Purgatorio credo che tale proverbio sia il più calzante. Solitamente, dopo la “scorpacciata” dell’Inferno in terza con le trepidazioni per le parole di Francesca da Rimini, la tensione per lo slancio conoscitivo di Ulisse, l’orrore per la vicenda del conte Ugolino e dei suoi figli, la trattazione della seconda cantica, se si faceva (forse) eccezione per l’incontro con Manfredi di Puglia (immortalato dai versi immortali «biondo era e bello e di gentile aspetto, / ma l’un de’ cigli un colpo avea diviso») e l’invettiva «Ahi serva Italia», non smuoveva gli animi né degli studenti né del sottoscritto.
D’altra parte, come ricordava già Francesco De Sanctis nel XIX secolo, «Il Purgatorio è poco letto e meno studiato» e necessita di un lettore «che si senta più come genere che come individuo, spettatore più che attore, la cui vita si manifesti in lui non come azione, ma come contemplazione artistica, filosofica, religiosa»…tutte belle parole, efficaci a descrivere l’essenza della seconda cantica ma che, negli anni, mi portavano a considerare questa fatica poco consona alle abitudini di apprendimento dei millenials. Io stesso, poi, non avendo approfondito la cantica nei miei anni universitari, ero privo di idee che portassero a valorizzare un contenuto culturale che si padroneggia con sicurezza.
Nel settembre scorso, poi, un’illuminazione: il Purgatorio è il regno dove Dante ritorna a vedere la luce, in cui si susseguono albe e tramonti e si recupera la dimensione del tempo. Perché quindi non cercare di calarlo in una dimensione locale, valorizzando il nostro territorio sebino, dove insegno, ricco di acqua, ripidi pendii (che ricordano le cornici della montagna purgatoriale), avvolto di nebbie, con il sole che riflette la brina nelle mattine invernali? Si poteva intercettare la generazione dell’immagine in questo modo: facendo tradurre in fotografia versi memorabili del Purgatorio.
Il progetto ha preso quindi forma ingaggiando un fotografo professionista e coinvolgendo i colleghi delle classi quarte e anche della scuola secondaria di I grado, impegnati anche loro in una trasposizione, questa volta con disegni a mano libera o acquerelli, dei più emblematici canti infernali. L’obiettivo era quello di allestire, in occasione del Dantedì del 25 marzo, una mostra nella quale i pannelli con le fotografie e i versi del Purgatorio si accostassero a disegni dei ragazzi del I ciclo, nell’ottica di una visualizzazione di Dante a vari livelli e con diversi strumenti.
Detto così, parrebbe un progetto da poco: selezioniamo delle terzine significative, andiamo a scattare qualche foto e le componiamo…in realtà il lavoro è stato particolarmente impegnativo per tutte le parti coinvolte. Parlando da insegnante, il primo sforzo è consistito nella scelta dei passi del Purgatorio da sottoporre all’analisi degli studenti: dopo la rilettura integrale (!) della cantica, ho cercato il più possibile di evitare dei canti famosi, che avrei affrontato in classe, proprio per non avvantaggiare i gruppi che si sarebbero accostati a quei versi con la mediazione decisiva dell’insegnante rispetto ad altri, “abbandonati” al solo studio domestico. Inoltre, nell’individuazione dei gruppi di versi, mi sono dovuto confrontare ovviamente con i colleghi delle classi quarte coinvolti nel progetto per non creare “doppioni” e per avere nella mostra fotografica una progressione del percorso di Dante nelle balze purgatoriali. Gli incontri di ottobre sono stati quindi dedicati alla selezione dei passi della seconda cantica, con delle ipotesi, interne fra noi insegnanti, delle potenzialità del passo da rendere poi in fotografia.
E veniamo alla parte-studenti…come sempre l’approccio delle classi a iniziative che deviano rispetto alla normale progettazione didattica è diversificato e legato, spesso, anche alla relazione con l’insegnante e alle dinamiche interne. Ho preferito, per ragioni di praticità, far scegliere agli studenti i gruppi di lavoro proprio perché il progetto presupponeva uscite sul territorio, che erano facilitate per chi abitava vicino o aveva i mezzi per spostarsi. La prima parte, su piattaforma, è consistita in un lavoro di analisi testuale dei versi danteschi, volto a individuare le parole chiave, le atmosfere del canto, i paesaggi in esso presenti e delle ipotesi di fotografie.
Ovviamente il fotografo, che aveva nel frattempo condotto in classe delle lezioni sulle tecniche di composizione, sulla regolazione della luce e proposto esercitazioni pratiche, in molti casi ha giustamente “cassato” le proposte sulla base di diverse motivazioni: risoluzione troppo bassa, presenza di elementi umani non coerenti con l’epoca dantesca o di costruzioni “moderne”, inquadratura storta, fotografia “mossa”. Io stesso, da insegnante, ho agito “stroncando” alcune proposte di accostamento tra immagine e versi in quanto non coerenti. In molti casi, poi, si trattava di fotografie “sospette”, di repertorio, palesemente non scattate nei mesi dell’iniziativa (novembre-febbraio).
Il secondo giro di proposte fotografiche, realizzato nei mesi di gennaio-febbraio, è stato invece più mirato e volto ad accostare terzine o passi purgatoriali a fotografie “scelte” dal gruppo: qui, in un’ottica di valorizzazione dei prodotti migliori, la scelta è ricaduta su alcune terzine esemplari e fotografie ad alta risoluzione, che potessero essere stampabili in un formato adeguato (30X40 cm) per una mostra. Come team docenti, si è scelto il criterio della varietà, non fossilizzandosi su immagini di albe e tramonti sul lago (anche se la tentazione è stata alta), ma cercando di valorizzare anche fotografie non naturalistiche, ma che avessero dietro un pensiero (p.e. gli occhi fissi al sole di una studentessa a immagine di Beatrice quando appare sul carro nel canto XXXI del Purgatorio, oppure delle fedi nuziali per rappresentare i versi finali di Purg. XXV: «Indi al cantar tornavano; indi donne / gridavano e mariti che fuor casti come virtute e matrimonio imponne»).
Non potendo, per ragioni di privacy e di diritto d’autore, pubblicare le foto dei miei studenti, vi propongo qualche “esperimento” fatto dal sottoscritto durante delle uscite sul territorio bergamasco. Come si potrà notare, non basta molto: uno smartphone, un paesaggio che ricordi i versi danteschi, ma soprattutto la capacità di “vedere Dante”. Qui, in un canneto vicino a scuola, mi è sembrato di scorgere il povero Iacopo del Cassero, collocato da Dante tra i «per forza morti», nel momento in cui è rincorso dai sicari di Azzo VIII d’Este: «corsi al palude, e le cannucce e ‘l braco / m’impigliar sì ch’i’ caddi; e lì vid’io / de le mie vene farsi in terra laco» (Purg. V 82-84)

Ma anche i versi di Purgatorio XII nel quale l’angelo facilita la risalita di Dante e Virgilio indicando una scala, che ricorda quella per salire alla basilica di San Miniato, uno dei luoghi più belli per osservare Firenze dall’alto:
Come a man destra, per salire al monte
dove siede la chiesa che soggioga
la ben guidata sopra Rubaconte, 102
si rompe del montar l’ardita foga
per le scalee che si fero ad etade
ch’era sicuro il quaderno e la doga
possono avere la trasposizione fotografica in questa bella istantanea che raffigura delle scale che si inerpicano su una pendice, senza alcuna presenza umana (l’esperto esterno approverebbe!).

Insomma, si è trattato di un modo nuovo, sicuramente diverso, di affrontare il Purgatorio: i prodotti sono esposti nella mostra inaugurata ieri, 23 marzo, e la bontà o meno del risultato è dipesa dal grado di partecipazione degli studenti, dall’impegno che hanno profuso nello smontare il testo dantesco, ma anche da quella sana dose di pensiero divergente che bisogna sempre più stimolare nelle nuove generazioni.
Non sono, va detto, mancate polemiche e anche malumori da parte di alcuni studenti delle classi coinvolte per diversi motivi: mancanza di strumentazione per realizzare fotografie poi stampabili, disinteresse in alcuni di loro per Dante e, soprattutto, difficoltà a riversare i suoi versi nel medium moderno; a queste criticità si sono aggiunte riflessioni sulla necessità che fosse la scuola stessa a portare gli studenti in luoghi adatti a scattare fotografie legate al passo del Purgatorio e problematiche di carattere pratico, legate alle restrizioni dovute al contesto ancora di emergenza pandemica.
Ma, tralasciando queste difficoltà, che rendono il progetto non “utopico” o “da guida dell’insegnante”, ma collocato in un contesto vivo e reale, va considerato, come mi capita spesso di scrivere, più che il prodotto, il processo, così come il tempo trascorso a soffermarsi sui versi danteschi, a immaginare possibili trasposizioni fotografiche e a comporre il binomio immagine-verso: già riuscire in questo compito è stato un successo come insegnante.
Ciao collega! Molto interessante questo progetto! Io mi sono scervellata sul Paradiso invece! Una quinta presa quest’ anno che mi ha fatto capire che non aveva molta voglia di fare Dante! Per altro ho dovuto cominciare da Manzoni, quindi il tempo era risicato. Allora ho deciso di dedicarmi a pochi canti (I, parte del II, III, XXXIII con sintesi dei canti centrali e qualche terzina famosa) ma cercando connessioni con la loro vita. Ad esempio prima del secondo canto ho chiesto loro qual era il loro rapporto con Dante e con la terza cantica, perciò poi il monito di Dante al lettore è ben affondato! Abbiamo poi lavorato sul verso dove contempla, quasi alla fine del percorso, l’aiuola che ci fa tanto feroci. Perciò abbiamo lavorato sulle nostre guerre quotidiane nel tentativo di distaccarcene come fa Dante. Infine prima dell’ultimo canto ci siamo interrogati su come immaginiamo (o da bambini ci immaginavamo) Dio e quindi abbiamo letto la descrizione che ne fa Dante (che li ha un po’ delusi, a dire il vero!). A conclusione del percorso, ho fatto fare il caviardage su alcune pagine del Paradiso e un video di presentazione di una terzina scelta da ciascuno studente, con piccola spiegazione e connessioni con altri versi o con altri autori o con la propria vita. I ragazzi hanno apprezzato, devo dire. Però sono tutti molto ricettivi, quindi non è stato difficile coinvolgerli!
Quando avrò una quarta, farò tesoro delle tue idee! Grazie!
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Iniziativa encomiabile e ben argomentata: valorizzare il Purgatorio di Dante non è impresa facile ma siete riusciti a ingegnarvi in modo interessante e poetico. Coinvolgere un fotografo professionista è stata un’idea vincente, poco male se alcuni hanno avuto da ridire… Lovere è uno dei borghi più belli d’Italia, buon Dantedì a tutti i docenti che amano il sommo poeta 😉
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