Insegnare e valutare il latino nella Dad: riflessioni semiserie

Ricordo ancora con affetto, misto a nostalgia, i pomeriggi passati al telefono con la compagna o i compagni di turno a confrontarci sulle nostre traduzioni delle versioni di latino assegnateci dall’insegnante: la bolletta della Telecom a fine mese era un chiaro indizio delle difficoltà che noi liceali avevamo avuto con i brani di Cicerone, Tacito e Seneca presenti sul versionario ingiallito, ora riposto in uno scatolone in cantina. Una telefonata non bastava, ma era solo l’inizio di una collatio che portava, a fine giornata, a recuperare una traduzione del brano accettabile, che ci avrebbe fatto fare bella figura nella verifica e nell’interrogazione. Internet, alla fine degli anni Novanta, doveva ancora penetrare in maniera capillare in Italia, nessuno aveva ancora creato il sito Splash Latino e ci si arrangiava, o meglio, ci si impegnava molto. Le lezioni erano spesso noiose e bisognava avere una certa predilezione verso la disciplina per decidere di intraprendere la carriera di insegnante di lettere.

L’avvento poderoso della tecnologia e dell’informatica ha, com’è noto, depauperato in modo considerevole la disciplina, che la riforma Gelmini ha d’altra parte contratto fortemente a livello di monte-ore; ora un latino serio si pratica solo al liceo classico e al liceo scientifico tradizionale, il cui crollo di iscritti però è sotto l’occhio di tutti. Il latino viene visto come brutto e cattivo: si preferisce l’opzione scienze applicate, in cui però l’insegnante di informatica è spesso supplente o si palesa dopo settimane dall’inizio delle lezioni e i laboratori di scienze sono tutt’altro che all’avanguardia (in alcuni istituti poi, per esperienza, assenti).

Tra le discipline poi che hanno evidentemente subìto uno dei maggiori contraccolpi della Didattica a Distanza, sperimentata in forme varie tra febbraio e dicembre, va sicuramente citato il latino. Discipline più narrative, come ad esempio l’italiano o la storia, hanno sicuramente messo in campo strategie proficue e, sfruttando anche la tecnologia, sono riusciti a ridefinire una loro identità anche tra Teams, Classroom e altre app accessorie. Per quanto riguarda il latino, quegli stessi insegnanti di Lettere hanno, a mio avviso, profuso meno invenzioni didattiche, attestandosi fondamentalmente in 4 tipi:

1. Il restauratore: dopo l’attivazione della piattaforma di riferimento, ha riproposto online esattamente gli stessi contenuti, nelle stesse modalità svolte in presenza. E quindi lezione frontale in videoconferenza, spiegazione della regola, video-interrogazioni, compiti domestici sul manuale, video-versioni. Peccato che il restauratore non abbia compreso che durante una prova “a distanza” internet sia liberamente fruibile e si possa copia-incollare il brano assegnato da Splash Latino, Skuola Sprint e altri siti frequentati dai discipuli e dalle discipulae. Nelle video-interrogazioni, oltre a possibili gobbi dietro lo schermo, si può, con una semplice ricerca, declinare qualsiasi sostantivo (https://www.dizionario-latino.com/dizionario-latino-flessione.php)

2. Il sadico: partendo dalle stesse premesse del restauratore, ha riproposto i medesimi contenuti nelle stesse modalità, inventando però prove di verifica ex novo, introvabili su Splash (si veda la versione in latino sul covid) e insistendo sulla traduzione italiano-latino, un falso storico ma che, a suo avviso, garantiva maggiore trasparenza. Costante del sadico è la lode del passato, che si accompagna a geremiadi che occupano i 3/4 della videolezione

3. Il sospettoso: consapevole della vastità di risorse in rete e del rischio di risultati inquinati, ha abolito le prove tradizionali, la versione, attestandosi su test semistrutturati, con domande diverse per gruppi di alunni, assegnate secondo determinati logaritmi e con trabocchetti a prova di copione. Durante le lezioni assegna costantemente lessico da studiare a memoria che assegna come studio domestico ai miseri pueri e alle miserae puellae: la sua ira funesta si manifesta quando gli studenti usano un termine che non ha dettato: scatta il 2 automatico

4. Il liberista: quando ha sentito che a fine anno tutti gli studenti avrebbero avuto il passaggio alla classe successiva, ha puntato sull’intrattenimento, optando per pochi contenuti, padroneggiati con sicurezza; insomma, si è attenuto alla politica del laissez-faire: 6 a tutti, senza PAI, PIA e altre amenità. Attualmente sbarca il lunario facendo il meno possibile e aspettando il “Liberi tutti” di Lucia

La DaD, come si può vedere da questo studio antropologico semiserio, ha messo in evidenza tutti i limiti di una materia insegnata per decenni nello stesso modo, da insegnanti propensi a scarso o nullo aggiornamento, che perpetuano da anni modalità di insegnamento e apprendimento tradizionali. Il metodo è per lo più il seguente: spiego la regola, facciamo esercizi, vi assegno compiti, correggiamo i compiti, facciamo la versione.

Il problema è che quel “facciamo esercizi” non è garanzia di successo e di apprendimento specie se si constata, come sto facendo, ahimé, da 8 anni, che i compiti degli alunni sono spesso pressoché perfetti, ma che lo stesso non si può dire delle verifiche e delle interrogazioni. Alla base c’è un disamore generale verso una disciplina che viene ritenuta anacronistica, inutile, un peso. E il fatto di poter trovare ogni singola frase online non incentiva sicuramene le dinamiche virtuose del secolo scorso (!) raccontate nel paragrafo iniziale.

Il problema è che se il latino può ancora avere un senso al liceo classico, tanto per il monte-ore quanto per la scelta di un percorso improntato sulle lingue classiche, negli altri indirizzi la sua è ormai una parte di ancilla alla lingua italiana e, a mio avviso, andrebbero ripensati tanto i contenuti, quanto le modalità di insegnamento. Leggendo le Indicazioni Nazionali del Liceo Linguistico, indirizzo in cui insegno, si legge che già alla fine della classe seconda, con 66 ore annuali, si dovrebbero leggere “testi d’autore debitamente annotati”. Forse si potrà leggere Fedro, ma con una classe ben motivata e con un ritmo di apprendimento elevato.

Credo che una soluzione al problema di insegnare e valutare il latino nella DaD potrebbe essere questa: usare il latino per l’educazione linguistica, come sostiene giustamente Nicola Flocchini in questo articolo de «La Nuova Secondaria Ricerca», inserendo anche nella prassi didattica gli stimoli che ci vengono dalla grammatica valenziale. Sperimento da qualche anno il metodo della verbo-dipendenza, a seguito di un corso di aggiornamento biennale svolto grazie al CQIA (Centro per la Qualità dell’Insegnamento e dell’Apprendimento) dell’Università di Bergamo e devo ammettere che l’insegnamento di questa lingua ha mantenuto una sua dignità anche con l’avvento della DaD.

Lo tsunami della DaD non ha travolto i contenuti minimi: nello scorso anno ho fatto uso in maniera abbondante della flipped classroom con videolezioni-pillole su particolari argomenti dell’itinerario di apprendimento: tanto per fare un esempio, il cum historicum, l’ablativo assoluto, le causali e via dicendo. L’attività asincrona, individuale e fruibile in qualsiasi momento della giornata, libera molto tempo nella videolezione sincrona, destinata fondamentalmente alla valutazione e all’ l’esercizio: la classe si configura come laboratorio virtuale; utile, in questa fase, anche l’assegnazione di test autocorrettivi (su Moduli o altri form come Questbase o Socrative) in modalità blended, meglio se allegati alla videoregistrazione, per un immediato feedback.

E cosa fare in classe? Traduzioni, esercizi di manipolazione linguistica, riflessioni contrastive tra italiano e latino e, soprattutto schemi grafici, come questo, realizzato insieme ai ragazzi con una lavagna virtuale (consiglio l’utilizzo di Jamboard se ci si avvale di Google Workspace).

Il grande vantaggio dell’insegnare e apprendere con questo modo è sicuramente lo stimolo a ragionare, la proposta di trovare un senso alla frase, coglierne i meccanismi interni e riflettere sulla lingua. Ciò risulta, a mio avviso, ancora più agevole in indirizzi, come il Linguistico, nei quali il latino è sì disciplina minoritaria, che si studia solo al biennio, ma in cui è costante la riflessione grammaticale, linguistica.

E come valutare? Con equilibrio, buonsenso e con una spiccata preferenza verso le prove di competenza. Per quanto riguarda i primi due anni, proporre dei brani di versione con delle domande di comprensione, senza richiedere la traduzione, fortemente inquinabile. La traduzione deve essere il risultato di un esercizio svolto sulla frase, il punto eventualmente di arrivo, di affinamento, non di partenza. Si deve comprendere il ruolo centrale del verbo, attore principale della frase, o dei verbi e da lì individuare argomenti obbligatori, circostanti, subordinate completive e circostanziali. Altri esercizi possono essere la schematizzazione di frasi sul protocollo e il loro caricamento su piattaforma, questionari con esercizi di manipolazione linguistica o lessicale (“aggiungi aggettivi opportunamente declinati a sostantivi, espandendo la frase nucleare”), confronti di traduzioni. Al triennio, per quanto riguarda la “lingua latina”, prediligere l’analisi e la comprensione del brano chiedendo anche l’analisi morfologica, sintattica o lessicale di eventuali passi, fornendo, perché no?, già la traduzione a fronte del brano.

Forse, attraverso questo cambiamento di prospettiva, il latino diventerà una “palestra di pensiero” e non un “mostro brutto e cattivo”.

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