Fare un autore al triennio: una palinodia

Tempo di lettura stimato: 10 minuti

Dicembre rappresenta il giro di boa per chi vive il mondo della scuola; i primi tre mesi, tra consigli di classe in serie, collegi docenti infiniti, adempimenti iniziali, piani di lavoro, PDP e altre amenità, scorrono via senza il tempo di riflettere sul proprio agire didattico. Così, in una mattina uggiosa di dicembre, mentre preparavo le ultime verifiche dell’anno, ho voluto fare un bilancio degli autori svolti nelle due classi del triennio in cui ho la cattedra di Italiano, ovvero la 4B del Liceo Economico Sociale e la 5A del Liceo Scientifico ordinamentale.

Facciamo due conti: in 4B ho svolto, alla data del 6 dicembre, 43 ore totali, affrontando tre autori (e mezzo): Machiavelli, Ariosto, Tasso e Marino, mentre nelle 41 ore in 5A LS ho trattato i soli Leopardi, Zanzotto, Verga (con annesso modulo sulla violenza di genere) e d’Annunzio romanziere, con un focus sul Piacere. Ecco, in una tabella, le tempistiche per autore:

ClasseAutori e monte-ore
4B Liceo Economico-SocialeMachiavelli (10 ore), Ariosto (8 ore), Tasso (6 ore), Marino (3 ore)
5A Liceo Scientifico ordinamentaleLeopardi (11 ore), Zanzotto (4 ore), Verga (11 ore), d’Annunzio (4 ore)

Ovviamente non si vive di sola spiegazione, dal momento che sono presenti momenti di verifica e laboratoriali, volti a potenziare la sempre più carente scrittura ma, come spiegavo nell’articolo Fare un autore al triennio, difficilmente un “classico” viene trattato in meno di 8-10 ore e il caso di Tasso è emblematico di un sacrificio necessario per “recuperare” tempo e riuscire a concludere la classe quarta con Manzoni e il Romanticismo, per iniziare la quinta con Leopardi, autore canonico che apre l’ultimo anno nelle attuali Indicazioni nazionali (prima del riassetto proposto da Claudio Giunta).

Una didattica “impressionistica”?

Tra le pratiche più malsane per un docente c’è sicuramente quella di chiedere ai colleghi, alle macchinette, oppure in sala docenti, a che “punto del programma si è arrivati”; anche gli scambi pomeridiani in quella “sala professori allargata” che è Instagram (o Facebook per i boomer) sono spesso forieri di dubbi sul nostro lavoro, alimentati da haters più o meno espliciti. Un collega virtuale, per il quale nutrivo una grande stima nonostante le diverse vedute e il caratteraccio, negli anni passati mostrava sui social, vantandosene, il suo modo di “fare un autore”, assai impressionistico e che consisteva nel liquidare un classico in 2-3 ore perché, sosteneva che «stare tante ore su un autore è un’ingiustizia nei confronti di altri altrettanto meritevoli». Raccontando la sua ars docendi, diceva così: «Io fornisco in mezz’ora qualche informazione biografica e di poetica, che poi si studieranno sul libro, leggiamo insieme 2-3 testi e finita lì…se è piaciuto approfondiranno loro il resto».

Sbigottito da tale modalità di lavoro, che applicava, parimenti, anche ai capitoli dei Promessi sposi, per anni ho continuato a dedicare un congruo numero di ore ai grandi classici, tuttavia, soprattutto nelle classi terminali, sto capendo che questo modo di lavorare non mi soddisfa, o meglio, lo trovo limitante e come una sorta di gabbia da cui vorrei uscire.

Si sa, in quinta il numero di autori, come ha evidenziato il Prof. Ghidini nell’incontro organizzato alla Cattolica di Brescia e intitolato D’Annunzio nella scuola superiore di oggi: qualche considerazione e una proposta didattica, raramente eccede il numero di 9-10. Provo quindi a elencarli, come una sorta di litania: Leopardi, Verga, d’Annunzio, Pascoli, Svevo, Pirandello, Ungaretti, Saba, Montale, Pasolini (o Calvino). Si noti, ovviamente, l’assenza di donne e lo scarso approfondimento del secondo Novecento, se si eccettuano, alcuni “salti in avanti”, come quelli che sono solito operare attraverso i collegamenti Leopardi-Zanzotto o Verga-Fenoglio.

Oltre a essere poco motivante, una trattazione di questo genere risulta anche penalizzante in quegli indirizzi dove si studiano le lingue moderne che, nella parte letteraria, lasciano spazio al Novecento, anche avanzato (ricordo la collega di Tedesco che affrontava gli echi letterari della caduta del Muro di Berlino, del 1989), mentre noi riusciamo ad affrontare il cosiddetto “romanzo della crisi”, se va bene, a gennaio; ne risulta quindi una discrepanza temporale che non permette quelle connessioni interdisciplinari sempre proficue per promuovere il PECUP.

D’altra parte, le ore non si moltiplicano come i pani e i pesci della celebre parabola e quindi proviamo a fare un po’ di conti della serva: sulle 132 annuali di Lingua e letteratura italiana, tra malattie, FSL, Orientamento e progetti a volte formativi (e a volte no…), ma che non permettono comunque di sviluppare il percorso di italiano, le ore diventano spesso 115-120. Se togliamo il tempo per 5 prove scritte da 3 ore si arriva a 100, a cui va sottratto il tempo per i colloqui, fondamentali per far esercitare gli studenti a esporre oralmente in contenuti della disciplina: calcolando una classe di 24 studenti e 4 studenti ascoltati all’ora, se ne vanno altre 12 ore, a cui vanno aggiunte 4 ore per le famose “prove scritte per l’orale”, data l’impossibilità di effettuare due “giri” di colloqui. Rimangono in totale 84 ore, a cui vanno sottratte una decina di ore per il recupero delle competenze di scrittura e per i laboratori. Quindi abbiamo solo 70 ore circa per sviluppare gli autori del canone…un numero davvero ridotto e che risulta limitante se si considerano i “grandi” del XIX e XX secolo.

Il Museo LETS a Trieste, che conserva manoscritti originali degli autori triestini di inizio Novecento (foto mia).

Prendiamo, ad esempio, un autore del canone come Italo Svevo, imprescindibile per il quinto anno anche in virtù delle connessioni con la filosofia (Freud e la psicanalisi) e la letteratura inglese (era l’insegnante di inglese del giovane e squattrinato James Joyce). In questa tabella cercherò di delineare un’unità didattica, per step, dedicando all’autore 8 ore, un numero, a mio avviso, proporzionato alla sua importanza e carica innovativa:

Ore in progressioneContenuti
Prima oraPresentazione dell’autore, della biografia e del contesto storico e culturale di riferimento
Seconda oraPoetica, influenze filosofiche, temi dei tre romanzi sveviani
Terza oraI romanzi di fine Ottocento: Una vita e Senilità
Quarta oraLetture di passi antologizzati da Una vita e Senilità (p.e. Uomini e gabbiani, l’incipit di Senilità, La metamorfosi “strana” di Angiolina a scelta sull’antologia)
Quinta oraLa novità della Coscienza di Zeno
Sesta oraLetture da La coscienza di Zeno: Prefazione e Preambolo, L’ultima sigaretta
Settima oraLetture da La coscienza di Zeno: Lo schiaffo del padre, Psico-analisi
Ottava oraUn bilancio di lettura; esercitazione su un brano non noto o scaffale della critica

Insomma, a conti fatti, si sono affrontati, in queste otto ore, in modo molto veloce i romanzi di fine Ottocento (sacrificando una trattazione più distesa di Senilità, a mio avviso il miglior romanzo sveviano), per passare alla Coscienza, di cui ho proposto la lettura di 4-5 testi; si tratta di un vero e proprio tour de force, che lascia poco spazio al momento della negoziazione dei significati con la classe e che porta a trattare, però, alla fine ben pochi autori e canonici, lasciando uno spazio residuale per chi sta al di fuori del canone, ai margini, oppure in quello del secondo Novecento.

Rivoluzionare il modo di fare gli autori? Una didattica diversa

Impostazioni di questo tipo, che possono essere anche ribaltate con la presentazione di un testo esemplare, per risalire a biografia e poetica (approfondisci qui), partono però da un presupposto legittimo, ma in realtà sempre meno presente, anche in licei umanistici: pochi studenti andranno a frequentare le aule di Lettere o di corsi di laurea che prevedono un esame di letteratura italiana e quindi presentare autori con un simile grado di approfondimento è talvolta inutile. Mi spiego: la letteratura va affrontata con un certo grado di profondità per essere compresa, ma se penso al mio colloquio di Letteratura italiana 2B all’Università, in cui il docente mi chiese, banalmente, la trama dei Malavoglia, si capisce bene come si possa lavorare già alle superiori in modo diverso, aprendo il canone, “ammorbidendo” la trattazione di autori e opere, e facendo spazio anche ad autori minori.

E qui mi vengono in aiuto, forse, le proposte bizzarre del docente social citato in precedenza, che, presumibilmente, stava anche poco sul testo e demandava l’analisi alle fitte pagine successive che, a mio avviso, infestano il testo. D’altra parte, come mi ripeteva stesso, il Baldi (nelle sue mille varianti tutte parimenti mostruose) è il manuale migliore proprio per la ripetitività di tali pagine, che possono essere assegnate agli studenti per uno studio autonomo.

Così, proviamo ad applicare questa “tagliola” all’unità didattica su Svevo, sviluppandola in 4 ore:

Ore in progressioneContenuti
Prima oraPresentazione dell’autore, della biografia e del contesto storico e culturale di riferimento. Cenni ai romanzi di fine Ottocento
Seconda oraLa novità della Coscienza di Zeno
Terza oraLetture da La coscienza di Zeno: Prefazione e Preambolo, Lo schiaffo del padre
Quarta oraLetture da La coscienza di Zeno: Psico-analisi. Un bilancio di lettura

I vantaggi della didattica compressa

Si tratta, ovviamente, di una presentazione dell’autore molto compressa, ma che, a mio avviso, applicata a 3-4 autori prima sviluppati in 8-10 ore, presenta anche numerosi vantaggi, seppur non immediati:

  • consente di affrontare più autori di uno stesso periodo, dando un quadro più articolato della temperie storica e letteraria (si pensi a 10 ore dedicate non solo a Svevo, ma anche a trattare Tozzi e Gadda);
  • avvantaggia in sede d’Esame, nella tipologia A, dal momento che il grado di approfondimento richiesto sugli autori nella parte di interpretazione è davvero ridotto e si lavora su concetti-chiave;
  • permette un confronto tra autori diversi, anche nella forma del debate, oppure della semplice riflessione sulla preferenza dell’uno rispetto all’altro;
  • consente di aprire il canone anche alle figure femminili, spesso sacrificate in questa logica: presentare scrittrici come Morante, Ginzburg, Aleramo, Cavalli permette di fornire un quadro più completo della letteratura del Novecento;
  • consente di valorizzare le proposte delle storie della letteratura, di cui si sviluppano spesso un numero esiguo di pagine, spesso fittamente annotate in libri di seconda mano;
  • motiva l’insegnante e, al tempo stesso, la classe, che vede la successione di autori e non una fossilizzazione sui classici per ore, settimane e, per Leopardi, financo un mese passato.
Elsa Morante, Natalia Ginzburg, Patrizia Cavalli e Sibilla Aleramo: 4 autrici che stentano a entrare nel canone.

Va da sé che tale proposta, per poter essere praticabile, necessita di una grande competenza del docente nella gestione della materia e la disposizione (oserei dire anche d’animo) verso figure che non sono canoniche e che vanno studiate su saggi e volumi specialistici; insomma, un gran lavoro, sicuramente maggiore di chi prosegue, in saecula saeculorum con i 10 classici di quinta e i 7 di quarta (Ariosto, Tasso, Galileo, Parini, Goldoni, Alfieri e Manzoni).

Non so se questa proposta risulti del tutto convincente: il rischio è che porti a una semplificazione eccessiva dei testi e degli autori, affrontati senza quel grado di complessità che lo studio letterario richiede; tuttavia, se consideriamo il monte-ore risicato, gli studenti sempre più carenti nelle competenze di base, credo che si debba iniziare una riflessione sul modo di fare letteratura: questo articolo di poche pretese può essere l’inizio.

Vi aspetto nei commenti.

Lascia un commento