“Cum grano salis”: portare Leopardi in classe

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Un trauma ancora vivo

Non mi capita spesso di ricordare, su questo blog, gli anni del liceo, forse perché li considero, a posteriori, poco formativi e, soprattutto, orientativi; i 5 docenti di lettere che si sono avvicendati nella mia classe dalla prima alla quinta non hanno lasciato alcun segno indelebile su di me e, ahimé, mi ricordo solo episodi bozzettistici: la bresaola portata dal docente di prima come premio per un quiz finale di storia; i 7 a ripetizione assegnatemi nei “temi” dalla supplente del secondo anno; la docente di terza, evidentemente problematica, che veniva a scuola in salopette di jeans con attaccati dei gattini; l’alternarsi tra quarta e quinta del docente titolare del Sud con un supplente che avrebbe fatto “carriera”…

Tra gli aspetti che ricordo in modo vivido, però, c’è sicuramente la gestione delle interrogazioni tra quarto e quinto anno; queste venivano programmate con largo anticipo e si risolvevano in domande svogliate del docente su testi e contenuti che non erano stati minimamente spiegati; se rovisto negli scatoloni del me liceale, non ho nessun quaderno degli appunti di letteratura italiana, dato che il docente entrava in classe e si limitava a leggere (o a fare leggere a un mio compagno) il “Luperini blu”. Così ricordo ancora il tempo trascorso a preparare l’interrogazione su Leopardi che, sul volume 4 del celebre La scrittura e l’interpretazione, veniva approfondito in 400 e passa pagine, affrontate in completa autonomia, in una sorta di antesignana flipped classroom!

Programmare o collezionare figurine?

Tra le operazioni più importanti da svolgere a inizio anno scolastico c’è sicuramente la programmazione disciplinare, ovvero quell’intreccio di conoscenze, abilità e competenze che dovrebbe guidare l’agire didattico. Mi piace sfogliare, nelle Guide degli insegnanti dei vari volumi in adozione (e non), il monte-ore dedicato ai singoli autori e le scelte mi lasciano sempre piuttosto perplesso e spiazzato: dedicare 4 ore a Montale, 3 a Gozzano, 6 ore a Svevo, 7 a Pirandello, 3 a Gadda mi sembra come fare una raccolta delle figurine (Calvino? Ce l’ho. Morante? Ce l’ho. Pratolini? Mi manca) che, alla fine, non porta da nessuna parte. Leggendo queste programmazioni, a Leopardi sono dedicate dalle 18 alle 20 ore e, quindi, quindi circa 5 settimane dell’anno scolastico, presumibilmente da metà settembre alla seconda parte di ottobre. Insomma, tenendo conto del fondamentale momento di verifica, la trattazione dell’argomento successivo, ovvero il Naturalismo francese e il Verismo italiano, inizierebbe ormai a inizio novembre.

Una proposta sostenibile?

Non è mia intenzione mettere in discussione la portata rivoluzionaria di Leopardi, ultimo dei classici e primo dei moderni, così come negargli il posto-chiave che occupa nella letteratura italiana, ma da insegnante ritengo opportuno riflettere anche sul fatto che una trattazione quasi “monografica” dell’autore porti a conseguenze letali nella programmazione dell’ultimo anno. Posto che, a mio avviso, il problema sarà risolto con le nuove Indicazioni Nazionali, che lo collocheranno al quarto anno, connettendolo, però, più all’Ottocento che al Novecento, con cui ha sicuramente più legami, ritengo che non si possa eccedere con la trattazione di Leopardi. Alcuni temi, a mio avviso, potrebbero essere soltanto presentati, non sviluppati appieno nella riflessione leopardiana, ma ripresi nella trattazione di autori successivi: penso alla natura, al suicidio, alla solidarietà, al progresso.

Il Prof. Claudio Giunta, incaricato dal MIM di stendere le nuove Indicazioni nazionali di italiano per la secondaria di II grado.

In una recente conversazione di maggio con un collega, lamentandoci, da bravi insegnanti di lettere, delle ore perse e della difficoltà di proporre qualcosa successivo a Montale (per spunti, cliccare qui), abbiamo riflettuto sul fatto che, alla fine, “di Leopardi si fa troppo“. Il collega, horribile auditu, originario della Campania e quindi vicino ai luoghi dell’ultimo soggiorno del recanatese, è sbottato all’improvviso in una proposta che suonava più o meno così: «Massì, a settembre Leopardi lo liquido in 6-7 ore: L’infinito, il Dialogo della Natura e di un Islandese e la Ginestra possono anche bastare come testi». Mi sembra un’affermazione che, sebbene faccia a prima vista inorridire, alla fine sia di buon senso e venga incontro alla scuola del 2025 e, ahimé, alle generazioni che incontriamo tra i banchi.

Tutto imprescindibile?

Credo che, in questa difficoltà a trattare Leopardi dandogli il giusto peso, un ruolo di primo piano lo rivestano anche i manuali delle scuole superiori che, benché sempre più ridotti, concedono ancora allo scrittore un ampio spazio, in volumetti “a parte” di quasi 200 pagine. Certo, si è molto ridotto l’apparato critico, così come gli approfondimenti che, sul “Luperini blu”, sembravano più da università che da liceo, ma il docente di scuola superiore si trova di fronte, alla fine, agli stessi brani di 20 anni fa. Una selezione è quindi necessaria, basandosi anche, a mio avviso, sulla brevità dei testi, ricorrendo a tagli mirati e assegnando, ove possibile, come lettura domestica, dei brani da riprendere e sistematizzare con il commento in classe.

Leopardi è, a mio avviso, un classico la cui complessità e profondità presuppongono, da parte nostra, una guida maggiore, rispetto ad altri autori, nel processo di apprendimento; alcune pagine dello Zibaldone sono assai ostiche e mai mi sognerei di assegnare testi delle Operette morali come lettura autonoma, così come di lasciare gli studenti di fronte al commento dei Canti da studiare in vista delle verifiche.

Tuttavia, affinché l’ora in classe diventi il momento di rinegoziazione dei significati e di confronto sulla densità e attualità del pensiero leopardiano, vanno selezionati i testi, perché, come ho notato in numerosi documenti del 15 maggio (recupera qui), è impensabile, ormai, introdurre le lettere, affrontare 2-3 passi dallo Zibaldone, analizzare compiutamente 2-3 Operette morali e, infine, 6-7 liriche dai Canti.

In questo articolo presenterò quindi un percorso di Leopardi molto compresso, ma che delineerà gli elementi significativi della produzione in massimo 10 ore, in modo da lasciare spazio alla letteratura dell’Ottocento e, soprattutto, del Novecento.

Un testo per cominciare: unire temi e testi

Nell’aprile del 2024, io e la collega Emanuela Bandini abbia scritto per «La letteratura e noi» un pezzo a 4 mani intitolato Un testo per cominciare; l’idea di fondo era quella di ribaltare la didattica degli autori, promuovendo un approccio legato ai testi, senza troppi preamboli di spiegazioni su vita, opere e poetica, svincolati dal contatto vivo con l’autore. Le recenti maturità, da esterno, mi confermano infatti che, ahimé, nella trattazione di Leopardi molto è demandato alla rimasticazione del docente, con il conseguente studio di nozioni ormai superate dalla critica (approfondisci qui) come quella dei pessimismi, della Natura benigna e poi matrigna.

Il “primo incontro” con Leopardi può avvenire quindi attraverso una o più lettere, accuratamente tagliate. Per introdurre adeguatamente la biografia, consiglio però la lettura della missiva del 19 luglio 1819, destinata al conte Monaldo. Nella lettera scritta al genitore in occasione del fallito tentativo di fuga da Recanati, il giovane poeta esprime il suo desiderio di felicità e grandezza, anche a costo della sofferenza, come nel passo che segue:

Contuttociò Ella lasciava per tanti anni un uomo del mio carattere, o a consumarsi affatto in istudi micidiali, o a seppellirsi nella più terribile noia, e per conseguenza, malinconia, derivata dalla necessaria solitudine, e dalla vita affatto disoccupata, come massimamente negli ultimi mesi. Non tardai molto ad avvedermi che qualunque possibile e immaginabile ragione era inutilissima a rimuoverla dal suo proposito, e che la fermezza straordinaria del suo carattere, coperta da una costantissima dissimulazione, e apparenza di cedere, era tale da non lasciar la minima ombra di speranza. Tutto questo, e le riflessioni fatte sulla natura degli uomini, mi persuasero, ch’io benché sprovveduto di tutto, non dovea confidare se non in me stesso.

Immagine reperibile all’url: https://aleph-tales.it/cultura/monaldo-leopardi-forse-ha-rovinato-la-vita-del-giovane-favoloso/

Si tratta, a mio avviso, di una scelta anche strategica, che consente di iniziare quel filo rosso del rapporto tra padri e figli che caratterizzerà la letteratura del Novecento (si pensi a Svevo, Saba e Kafka, Tozzi, tanto per citare i più noti).

Delineata poi la vicenda biografica di Leopardi, avvalendosi del manuale in adozione e, soprattutto, della cartina dei luoghi dell’autore (presente in molte storie della letteratura), si possono introdurre i diversi temi della produzione dell’autore recanatese, svincolandosi dalla linearità del percorso antologico e lavorando attraverso le opere, che verranno magari sistematizzate in una lezione di mezz’ora, avvalendosi del manuale in adozione (strumento che, a mio avviso, deve sempre guidare l’agire didattico, anche per ragioni logistiche).

La natura

Dopo aver cercato di smontare, grazie ad Antonio Prete, i concetti banalizzanti di pessimismo storico e cosmico, proposti da Bonaventura Zumbini nel 1902 e, ahimé, ancora imperanti nelle aule italiane, si può analizzare il pensiero zigzagante di Leopardi attraverso delle letture dallo Zibaldone, dalle Operette morali e dai Canti.

Per quanto riguarda il quaderno dei pensieri, consiglio la lettura di passi scelti (recuperabili qui), che abbiano al centro la dicotomia tra natura e ragione, come questo del 1817 (grassetto mio): «La ragione è nemica d’ogni grandezza; la ragione è nemica della natura; la natura è grande, la ragione è piccola. Voglio dire che un uomo tanto meno o tanto più difficilmente sarà grande, quanto più sarà dominato dalla ragione; ché pochi possono esser grandi; e nelle arti e nella poesia forse nessuno, se non sono dominati dalle illusioni».

La riflessione sulla natura può continuare attraverso l’analisi e la lettura dell’L’infinito; come sottolinea Pierantonio Frare, nell’idillio (termine ovviamente da spiegare) è presente un modello di esperienza ecologica di formazione: i deittici connettono infatti progressivamente il paesaggio naturale con l’interiorità del poeta, suscitando un senso di benessere legato al superamento del limite. Il docente dovrà poi far notare lo stretto legame tra Zibaldone e Canti, facendo notare come le liriche mettano in scena riflessioni in prosa, ma come avvenga anche il processo contrario.

Come testo di confronto, si può usare invece la celebre operetta Dialogo della Natura e di un Islandese; questo costituisce il punto di passaggio dalla concezione della natura come madre benefica degli esseri umani a quella di matrigna indifferente o addirittura ostile; nel testo, infatti, essa è definita «nemica scoperta degli uomini, e degli altri animali, e di tutte le opere tue». Nell’operetta Leopardi rovescia l’antropocentrismo che vedeva la natura asservita al benessere del genere umano e sottolinea che è impossibile dominarla: si tratta, forse, di una funesta anticipazione delle odierne, frequentissime, catastrofi climatiche, che stanno affliggendo sempre più il pianeta.

Il tema della natura può essere svolto, poi, con la lettura (integrale, o, meglio, di stanze) del Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, uno dei testi che colpisce maggiormente gli studenti; qui si rappresenta una natura del tutto indifferente alle vicende umane, che non risponde alle domande di senso del pastore.

Chiude questo percorso sulla natura la lettura di alcune stanze della Ginestra, con la cosiddetta social catena; ovviamente non consiglio l’analisi dettagliata di questo “poemetto”, quanto una selezione di versi, che identifichi gli snodi chiave del testamento poetico di Leopardi.

Percorsi nell’opera

Dopo questo percorso sulla natura, si può completare la trattazione di Leopardi con un affondo sui Canti e sulle Operette, indagando due temi chiave della sua produzione, ovvero il ricordo e il suicidio. Si tratta di una scelta, anche qui, funzionale agli autori che verranno trattati nei mesi successivi, volta quindi a saldare Leopardi con il Novecento.

Dopo aver presentato l’itinerario editoriale dei Canti e la novità dei cosiddetti canti pisano-recanatesi, si potrà passare all’analisi dell’idillio Alla luna e, soprattutto, della celebre canzone libera A Silvia, in cui il tema della memoria e del ricordo si lega, anche qui, a quello della natura (si vedano, i vv. 35-39: «O natura, o natura, / Perchè non rendi poi / Quel che prometti allor? perché di tanto / Inganni i figli tuoi?»). In questo caso, si possono anche dedicare 20 minuti alla riflessione sulle varianti del manoscritto, in una lezione che affascina sempre gli studenti (il manoscritto è reperibile qui sul sito della Biblioteca Nazionale di Napoli).

Il tema del ricordo e del tempo è uno dei più importanti nel Novecento, basti pensare alla riflessione di Henri Bergson e quindi, utile anche in quelle interpretazioni-mappazzone che vengono solitamente proposte nella Tipologia A dell’Esame di Stato (approfondisci con un video qui).

Il tema del suicidio e l’evoluzione del pensiero di Leopardi si può invece indagare attraverso due testi a confronto, ovvero l’Ultimo canto di Saffo, canzone composta nel maggio del 1822 e il Dialogo di Plotinio e di Porfirio, incluso nelle Operette morali.

J.W. Godward, In the days of Sappho, 1904

Nell’Utimo canto di Saffo, a differenza del Bruto minore, con cui forma un dittico, il suicidio rappresenta la sconfitta personale di una donna alla quale è negata la felicità perché possiede un aspetto sgradevole; leggendo le considerazioni di Leopardi, è come se egli vi vedesse una sorta di suo doppio. Il Dialogo di Plotino e di Porfirio, composto nel 1827, ma pubblicato per la prima volta nell’edizione postuma del 1845, vede invece fronteggiarsi due filosofi neoplatonici, con un’argomentazione molto ben costruita da parte di Plotino che, riprendendo le ragioni di Porfirio in giustificazione del suicidio, dimostra come queste siano insufficienti, ragionando sulle conseguenze di tale gesto. Si tratta di un’opera, a mio avviso, che testimonia la fluidità del pensiero di Leopardi, visto che, pur composta nel 1827, anticipa delle riflessioni che verranno affidate, dieci anni dopo, alla Ginestra.

Il tema del suicidio, d’altra parte, è presente nella riflessione filosofica di Arthur Schopenhauer, pensatore affrontato nel quinto anno, ed è un topos del romanzo di fine Ottocento e inizio Novecento; pensiamo, per esempio, all’epilogo di Una vita di Italo Svevo, a Mrs. Dalloway di Virginia Woolf, ma anche al passo del capitolo L’ultimo di Se questo è un uomo di Primo Levi.

Un conteggio finale

Arrivati alla fine di questo articolo, sorta di espansione di una Guida dell’insegnante, ricapitolo con una tabella i contenuti del modulo “compresso” su Leopardi (in rosso i testi affrontati):

Ore in progressioneContenutoEventuali approfondimenti (da eliminare, in caso di classe con ritmo di apprendimento lento)
1^ oraUn testo per cominciare: la lettera al padre Monaldo del 19 luglio 1819
2^ oraPresentazione degli snodi biografici essenziali di Leopardi, con riferimenti alla geografia dell’autoreL’amicizia con Giordani: lettura della lettera del 30 aprile 1817 (nota come L’amicizia e la nera malinconia)
3-4^ oraIl tema della Natura in Leopardi: lettura di passi dallo Zibaldone e significato dell’operaContro i pessimismi: lettura di passi dell’articolo di Antonio Prete, Come abitare la natura in un mondo snaturato. Contro gli stereotipi. Leopardi e il pessimismo (recuperabile qui)
5^ oraGli Idilli e la natura nell’Infinito. Il Dialogo della Natura e di un Islandese. Breve presentazione delle Operette morali
6^ oraDi fronte a una natura indifferente e matrigna: passi scelti dal Canto notturno di un pastore errante dell’Asia e della Ginestra
7^-8^ oraIl tema del ricordo in Leopardi: dagli idilli ai canti pisano-recanatesi: lettura dell’idillio Alla luna e della canzone A SilviaCome scriveva Leopardi: i manoscritti alla Biblioteca Nazionale di Napoli e le varianti d’autore
9^ oraIl tema del suicidio, dall’Ultimo canto di Saffo (lettura di versi) al Dialogo di Plotino e di Porfirio (tagliato)
10^ oraLezione conclusiva di bilancio sull’autore, con dibattito

Un bilancio di lettura, nell’ottica della ragionevolezza

Molti storceranno il naso di fronte a questo Leopardi minor, a cui manca, effettivamente, tanto (il passo dello Zibaldone sul giardino della sofferenza, il Sabato del villaggio, La quiete dopo la tempesta, il Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere sono le mancanze più evidenti); tuttavia sono sempre più convinto che il fine a cui deve tendere l’insegnamento letterario non debba essere di sfornare futuri iscritti a Lettere, quanto studenti che, attraverso la letteratura, possano fare esperienza della complessità, interfacciarsi con il mondo esteriore e con quello interiore, ma soprattutto provare emozioni ed essere in grado di crearne un alfabeto.

Credo quindi che i testi di Leopardi presentati in questo modulo, pur essenziali, adempiano perfettamente a questo compito.

7 pensieri riguardo ““Cum grano salis”: portare Leopardi in classe

  1. Grazie per aver condiviso questa riflessione, è necessario presentare Leopardi tenendo conto sia delle finalità del nostro insegnamento sia delle tempistiche sempre più ristrette a disposizione. Le tue considerazioni sono un ottimo spunto di partenza per organizzare in modo più efficace la programmazione di settembre.

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  2. Percorso meritorio, per un autore difficile da gestire, anche perché collocato a inizio del quinto anno liceale (quello con un programma praticamente “infinito”). Dieci ore sono un monteore adeguato a mio avviso, non serve esagerare. Bene il rimando ad Antonio Prete, intellettuale che ha scritto pagine memorabile sul poeta di Recanati… All’elenco di testi proposti aggiungerei giusto il ritratto della madre (quello contenuto nelle pagine 353-355 dello ZIbaldone, scritte il 25 novembre 1820).
    Come spunto ulteriore consiglio la seconda parte della Lettera d’amore a Giacomo Leopardi, recentemente pubblicatga da Antonio Moresco.

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  3. Apprezzabile lo sforzo di ridimensionare il modulo Leopardi (l’anno scorso mi ha assorbito 23 ore…), ma alcuni passaggi mi sembrano risolti in forma eccessivamente sintetica: per esempio, la vedo dura in una sola ora includere Idilli, Infinito, Dialogo della Natura e introduzione alle Operette morali. Certo, l’operazione è meritoria e comunque ritengo che lo studio di Leopardi vada mantenuto nell’ultimo anno, magari in associazione con lo studio speculare del De rerum natura di Lucrezio (come intendo provare a fare quest’anno).

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      1. Anche con la lettura casalinga dell’Operetta mi sembra una bella “pedalata”: considera inoltre che in Trentino le ore scolastiche sono di 50 minuti… 🤢

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