Una gothic novel in salsa universitaria: La scrittrice nel buio

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Tra università e mistero

Una storia che parte tra i banchi dell’Università di Padova e che sembrerebbe ricalcare il recente successo de La ricreazione è finita di Dario Ferrari ma che, grazie all’approfondimento del carteggio avvenuto negli anni ’70, tra due intellettuali, Pier Luigi Carraro e Vittorio Ferretti, assume una svolta gotica, che giustifica il titolo del romanzo. Questa la sintesi in poche righe della penultima fatica di Marco Malvestio, docente di Letterature comparate all’Università di Padova, esperto di Letteratura degli anni Zero, di ecologia (si veda il volume Raccontare la fine del mondo. Fantascienza e antropocene), ma soprattutto, come si evince dalle sue pubblicazioni, di horror e soprannaturale in letteratura. Questi interessi sono però usciti dall’ambito a volte elitario delle aule universitarie, dei convegni e delle riviste specialistiche, per offrire (anche) al grande pubblico un romanzo di breve misura, ma davvero godibile, consigliato, come vedremo, anche per una lettura scolastica.

Immagine reperibile all’url: https://risk-project.eu/group/member/marco-malvestio

Struttura del romanzo

La scrittrice nel buio è un romanzo di 149 pagine, edito da Voland nell’aprile del 2024 (acquista qui) e strutturato in 4 capitoli, intitolati Gli anni dell’apprendistato, Il carteggio Zanca, Una gita in montagna e La scrittrice nel buio, che dà il titolo all’opera. Veniamo a conoscenza del personaggio che dà il titolo all’opera, però, soltanto a partire dal secondo capitolo, dal momento che il primo è incentrato sulla vicenda di amicizia-rivalità tra Marco e Federico sullo sfondo dell’Università di Padova. L’io narrante, forse autobiografico, è uno studente di Lettere nato a San Vito, un paesino nei dintorni di Treviso, che, durante il primo anno di corsi, frequenta le lezioni come studente pendolare; il chiuso universo familiare lo opprime e trova aria fresca nelle aule universitarie patavine, dove fa la conoscenza di Federico, brillante studente cittadino con cui inizia una relazione di amicizia particolare. Leggendo, ho notato molte somiglianze con il rapporto che, in Senilità di Italo Svevo, lega Alfonso Nitti a Stefano Balli; Marco è omosessuale, punzecchiato da Federico, ricco, brillante, con un buon successo tra le donne ma, a differenza del romanzo sveviano, i rapporti iniziano a cambiare per la capacità di Marco di ribellarsi al destino che una sorta di tara ereditaria (e qui si vede l’influenza dei romanzieri naturalisti francesi, in particolare di Thérèse Raquin) gli avrebbe assegnato. Dopo la laurea, triennale e magistrale, arriva per i due protagonisti il tempo del Dottorato di Ricerca, ma alla fine le strade si dividono.

U. Veruda, “Ritratto di Svevo con la Sorella Ortensia”.

Al centro c’è uno dei cosiddetti “sgarri accademici”: il tutor di Marco, il Prof. Cavani, concede un assegno di ricerca a Federico, col seguente tema: l’edizione dell’ampio epistolario di «Pier Luigi Carraro, uno scrittore veneziano noto agli addetti ai lavori soprattutto perché negli anni ’70 aveva conosciuto alcuni degli scrittori principali del tempo» (p. 46). In questo epistolario era presente una ricca corrispondenza con Vittorio Ferretti, oggetto delle ricerche dottorali di Federico.

Dalla pagina 48 il romanzo a tema accademico, però, vira verso il gotico, con il cosiddetto carteggio Zanca; Carraro, infatti, sottolineava, nel lascito all’Università di Padova, che il carteggio copriva gli anni precedenti alla misteriosa scomparsa di Ferretti, avvenuta nel 1971, in concomitanza con la sua relazione con Maria Zanca, una scrittrice altrettanto enigmatica, autrice di un testo particolare, intitolato Iside svelata. La tresca extraconiugale tra Ferretti e la sua giovanissima Musa comincia a circolare anche nell’intellighenzia del tempo, ricostruita con perizia da Malvestio, tanto che Elsa Morante scrive a Italo Calvino: «Forse hai saputo della sua nuova frequentazione…una ragazzina cupa, silenziosa e secondo me un po’ melagramo che però lui sostiene essere una grande promessa letteraria» (p. 62). Ferretti introduce Maria nell’ambiente romano, le fa conoscere letterati, attratti da questa montanara «invadente, torva, ineluttabile», sorella della Fosca del romanzo omonimo di Igino Tarchetti, ma qualcosa inizia a cambiare perché la donna riempie la casa di unguenti, profumi, fa strane allusioni al destino di Ferretti. L’amante diventa quindi una vera e propria ossessione per Ferretti, che la scaraventerà da un precipizio.

È proprio su questa figura, che verrà chiamata la scrittrice nel buio, che si concentreranno i due capitoli finali del romanzo: nel terzo, La gita in montagna, si racconta la salita di Federico nella spoglia abitazione a Lastebasse della Zanca, che ha invitato il ricercatore a visionare la carte del Ferretti; qui l‘atmosfera diventa gotica, lugubre, allucinata. Dopo la cena spartana, avviene un sogno, in cui appare Ferretti in un edificio enorme, vuoto, in penombra. Nel capitolo finale, La scrittrice nel buio, si raccontano le conseguenze di questo incubo per Federico: trascurato nel vestiario e nell’aspetto, colto da irascibilità, farneticazioni, deliri paranoici, dovuti all’ossessione per Maria Zanca, il giovane ricercatore scompare proprio come l’autore di cui stava studiando la vicenda. Ma sarà Marco, nelle pagine finali dell’opera a prendere il suo posto nella vicenda Ferretti-Zanca…

Una trama a scatole cinesi

L’opera, dal lessico piano e dalla sintassi scorrevole, ha le uniche complicazioni nella trama, che si può definire “a scatole cinesi”: questa inizia con i fatti ambientati nelle aule dell’Università di Padova, per poi spostarsi a Roma, negli anni Settanta, con le vicende presenti nel carteggio Ferretti-Carraro, raccontate nelle lettere consegnate all’Università di Padova; nella parte finale la vicenda ritorna al presente della narrazione per raccontare l’incontro di Federico con la Zanca e le dinamiche messe in moto da questa gita in montagna che si rivelerà fatale per il rampollo padovano. Malvestio si mostra molto abile nell’intreccio dei piani narrativi e nelle voci narranti; a quella prevalente di Marco, che filtra le vicende dai suoi occhi di provinciale inurbato, si aggiunge, nelle lettere, quella del terrorizzato Ferretti, che comunica all’amico Ferraro i suoi turbamenti per la relazione amorosa con la giovane scrittrice dal carattere inquietante.

Un po’ di intertestualità

Leggendo l’opera e conoscendo un po’ di letteratura italiana, non si può che intravedere, tra le fonti del romanzo, uno dei capolavori del romanzo gotico del secondo Ottocento, ovvero Fosca di Iginio Tarchetti; il rapporto tra Ferretti e la Zanca rievoca infatti quello tra Giorgio e Fosca, descritto nel romanzo della scapigliatura milanese e pubblicato nel 1869. Il romanzo gotico è, d’altra parte, uno degli ambiti di ricerca di Malvestio, e la descrizione di Maria Zanca non può che ricordarci quella di Fosca presente nel cap. XV del romanzo del 1869.

Dio! Come esprimere colle parole la bruttezza orrenda di quella donna! Come vi sono beltà di cui è impossibile il dare una idea, cosí vi sono bruttezze che sfuggono ad ogni manifestazione, e tale era la sua. Né tanto era brutta per difetti di natura, per disarmonia di fattezze, — ché anzi erano in parte regolari, — quanto per una magrezza eccessiva, direi quasi inconcepibile a chi non la vide; per la rovina che il dolore fisico e le malattie avevano prodotto sulla sua persona ancora cosí giovine.

Maria Zanca è tratteggiata così da Malvestio nel cap. 2:

Maria […] è una ragazza che forse non definirei bella […]: secca, con un viso affilato, le mani lunghe e ossute, più che delicate – mani che, se non lavorano, sicuramente sono abituate a prendersi cura della casa. E però, Maria ha un magnetismo peculiare (e gli occhi scuri e la cascata di capelli aiutano): sembra emanare un’aura elettrica, e insieme un senso di raccoglimento senza tempo (pp. 60-61).

https://www.amazon.it/Italian-Gothic-Edinburgh-Marco-Malvestio/dp/1474490166

Oltre a Tarchetti, a mio avviso, si percepiscono echi della produzione di Howard Phillips Lovencraft, di cui ho letto di recente La dichiarazione di Randolph Carter: il bosco in cui è immersa la casa di Maria Zanca fonde orrorifico e soprannaturale come nei racconti dello scrittore americano:

La stanza fu subito immersa nel buio, poi i suoi occhi, a poco a poco, cominciarono ad abituarsi all’ombra che trasmutava le sagome in figure irreali. Il freddo, sotto le coperte di lana, era passato, e Federico chiuse gli occhi cercando di addormentarsi, ma era distratto dai rumori della casa: scricchiolii e tubature che, ora vicine ora lontane, gli facevano sobbalzare il cuore in petto. Agitato senza neppure sapere per cosa, Federico si sdraiò lungo e cominciò a contare i propri respiri per tranquillizzarsi, finché non si addormentò. Fuori, i rapaci notturni si lanciavano richiami nella notte (p. 112).

https://it.wikipedia.org/wiki/Howard_Phillips_Lovecraft

Da ultimo, a mio avviso, la relazione tra Marco e Federico ricorda molto, come ho già anticipato sopra, quella tra Emilio Brentani e Stefano Balli in Senilità: Emilio e Marco provengono dalla campagna e arrivano in due città (Trieste e Padova) in cui fanno fatica a integrarsi. Pur essendo un ricercatore rigoroso, la voce narrante sottolinea sempre gli “scarsi guizzi” delle sue indagini e si raffigura “grigio” al cospetto del brillante Federico; quest’ultimo ha successo con le donne, così come lo scultore di Senilità, tanto che si potrebbe ipotizzare un’amicizia con risvolti omoerotici, come quella descritta in questo passo del capitolo 1 del romanzo sveviano del 1898:

Fra loro non si parlava mai delle teorie letterarie complesse di Emilio, poiché il Balli detestava tutto ciò che ignorava, ed Emilio subì l’influenza dell’amico persino nel modo di camminare, parlare, gestire. Uomo nel vero senso della parola, il Balli non riceveva e quando si trovava accanto il Brentani, poteva avere la sensazione d’essere accompagnato da una delle tante femmine a lui soggette.

Una proposta didattica?

Il romanzo presenta due caratteristiche interessanti, che lo possono far entrare nelle aule scolastiche, specie in quella programmazione di classe prima che risulta spesso indigesta tanto è (ancora) intrisa di strutturalismo: in primo luogo il lessico, se si eccettua qualche tecnicismo accademico, è piano e lineare; in secondo luogo è privo di particolari crudi o di allusioni sessuali, sempre da evitare con dei quattrordicenni.

Dal mio punto di vista si può lavorare su alcune tecniche narrative, che andrò a elencare:

  • il contrasto tra i personaggi e la caratterizzazione. Si possono leggere dei passi della Scrittrice nel buio soprattutto nei primi mesi dell’anno, quando si analizza il sistema dei personaggi e la loro caratterizzazione fisica, sociale, psicologica, culturale e ideologica. I personaggi che si prestano maggiormente a questa analisi sono Marco, Federico e Maria Zanca; per i primi due si possono anche applicare varie tecniche del metodo WRW.
  • i luoghi e le descrizioni. Malvestio mostra perizia nella rappresentazione degli ambienti, che diventano specchio dei personaggi che ci abitano. Si può lavorare con la classe, in particolare, sulle case che abitano i tre personaggi principali: Marco, Federico e la Zanca, ragionando su come parte della caratterizzazione provenga dall’ambiente fisico che vivono quotidianamente.
  • il finale. Si può immaginare una conclusione della vicenda alternativa a quella dell’autore, chiedendo ai ragazzi di ipotizzare una dinamica diversa, un colpo di scena oppure una conclusione dell’opera prima del capitolo finale.

Insomma, si tratta di un romanzo snello, accattivante, che dà la possibilità di una fruizione da semplici appassionati di letteratura dell’orrore ma che, per noi insegnanti, può fornire interessanti spunti per affrontare gli spesso noiosi argomenti di narrativa immergendosi nella “carne viva” di uno scrittore contemporaneo.

Una opinione su "Una gothic novel in salsa universitaria: La scrittrice nel buio"

  1. Alla fine mi hai convinto e ho letto il libro in eBook. Devo dire che è scorrevole e coinvolgente, specie nell’intreccio tra filologia e thriller. La figura di Maria Zanca incarna la donna diavolo per antonomasia e il fatto che permetta al protagonista di ottenere il lavoro cui anela inconsciamente da anni la rende una sorta di aiutante “indiretto”. Tra le righe trapela anche la rivalità tra dottorandi, i sensi di colpa, il ritorno del superato, le storture dell’Italia.

    Lettura consigliata, specie a chi frequenta l’università… non solo a Padova e dintorni.

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